I cittadini di Trento, dopo gli avvenimenti rissosi di piazza Dante e dintorni, stanno vivendo sensazioni di insicurezza e incertezza circa il futuro della propria città. La sensazione che si respira è che i provvedimenti adottati successivamente, per far fronte alla delinquenza e al degrado, in realtà non risolvono e non pongono le premesse per una soluzione radicale della criticità.
Infatti fino a quando si consente il permanere sul territorio di persone senza prospettive di lavoro, di alloggio e senza alcuna possibilità d’integrazione è inevitabile che queste vivano ai margini della società e siano costrette ad azioni illecite per un pezzo di pane. E ci vuole un bel coraggio definire delinquente chi ruba perché ha fame! Anche una politica assistenzialista a tutti i costi non è la risposta credibile al problema, e quindi non è la soluzione.
A Trento si materializzano sempre più segni di povertà che portano disagio e degrado, ma quello che casualmente ho potuto vedere con i miei occhi ha dell’incredibile: mi è sembrato di entrare in un mondo di sventurati dove la speranza non ha dimora. E tutto questo in uno spazio verde nei pressi del supermercato “Metro” e vicino al Cantiere comunale sito in Via Maccani. Addentrandomi in tale luogo, e dopo un centinaio di metri e ben mimetizzato, ho scorto un accampamento di baracche (mi hanno ricordato tanto le favelas brasiliane) dove da qualche mese vivono venti persone di nazionalità rumena (uomini e donne) in uno stato di povertà e di degrado che spogliano la vita umana di ogni dignità: nessun lavoro, tanta fame, tanta sporcizia e tanta desolazione.
Da loro ho saputo che sono arrivati in tale luogo dopo essere stati “sfrattati” da un precedente accampamento e che, a seguito del trasloco, la loro condizione è ulteriormente peggiorata. Il perdurare di queste situazioni umane critiche evidenzia o l’incapacità tecnica o la mancanza di volontà politica, di dare risposte che non siano ambigue e rovinose per tanti. La sensazione è che ci si preoccupi solo di nascondere questi disagi umani e costringere semplicemente gli sventurati a nascondersi e a spostarsi da un luogo all’altro della città.
Da questa premessa la domanda giunge spontanea e per questo il sottoscritto consigliere comunale interroga il signor Sindaco per sapere:
- se conosce la situazione in premessa e se gli uffici tecnici preposti sono sufficientemente attrezzati e hanno incarico specifico per trovare una soluzione realistica, permanente e rispettosa della dignità umana di queste persone e conseguente beneficio per la sicurezza della città;
- se può assicurare alla città che la soluzione non sarà quella di costringere nuovamente queste persone a nascondersi in altre forme e in altri luoghi e se può portare a conoscenza del consiglio le prossime iniziative per dare una soluzione al problema;
- se ci può dire se hanno “tutte le carte a posto” per rimanere tra noi;
- se può indicare all’aula quali sono le direttive impartite alla Polizia locale per far fronte a questa e simili situazioni.
Ne parla la stampa
I dati statistici disponili, al 31.12.2011, sul sito della P.A.T., fanno riflettere. Quanto costa alla P.A.T. la “accoglienza e la sua successiva gestione continuativa nel tempo” di 48.000 persone straniere sui suoi territori, in rapporto all’introito complessivo fiscale delle medesime? Perchè vengono permessi i ricongiungimenti famigliari, includendo anche i parenti di grado successivo delle medesime? Perchè vengono rilasciati continuativamente a costoro numerosi benefit (quasi sempre gratuitamente: schede/ricariche telefoniche, buoni spesa, alloggi ITEA, corsi linguistici,catene di solidarietà per abbigliamento,sussidi economici, assistenza medica,…) senza un rigido controllo consuntivo? Perchè il 58% degli attuali detenuti presso il nostro nuovo carcere (già strapieno!!) lo sono per reati legati alla microcriminalità? Perchè la gente di origine trentina, che si trova in stato di bisogno, non viene considerata prima di loro?…