Negli ultimi anni – anche a seguito del referendum del 2011 sull’acqua “bene pubblico” e dei numerosi convegni di studio in materia (nei quali la città di Trento è spesso protagonista) – grande attenzione è stata dedicata al tema degli usi civici. Questo è dovuto soprattutto alla recente riscoperta e difesa di valori antichi, che la società contemporanea sembrava aver ormai dimenticato e che invece sono stati rivalutati e rivalorizzati. Gli usi civici appartengono infatti alla memoria storica, alle tradizioni, ai costumi e alla cultura millenaria del Popolo trentino e la grande rivalutazione – avvenuta a seguito della crisi economica del 2008 – del rapporto uomo-terra ha portato alla necessaria riscoperta di questi istituti.
Diviene allora chiaro che quando una collettività (come recentemente è accaduto a Faedo con la rifondazione della locale ASUC, ma come ormai settimanalmente si vede nel rinnovo delle cariche all’interno dei comitati delle ASUC dei nostri Comuni, delle Circoscrizioni e delle Frazioni) sceglie di esercitare il proprio diritto d’uso sul demanio civico, non solo si manifesta l’amore per il proprio territorio, ma si concorre anche a mantenere l’identità e l’autonomia dello stesso. Questo, nel breve periodo, aumenta il senso di responsabilità dei cittadini nei confronti del loro territorio e – nel lungo periodo – ci pone al riparo dal possibile arrivo di esseri malintenzionati desiderosi di appropriarsi delle nostre terre e delle nostre risorse. Ciò è di fondamentale importanza, specie se si considera che all’interno del demanio di un determinato territorio non rientrano solo le terre, ma anche i pascoli, i boschi e – soprattutto – le acque (l’oro del futuro).
Quello degli “assetti fondiari collettivi” è davvero – come ci insegna Carlo Cattaneo – “un altro modo di possedere”: a differenza di quanto accade nell’impresa privata, negli assetti fondiari collettivi l’obiettivo non è il profitto, ma la massimizzazione delle utilità percepite dalle famiglie consociate nell’ente collettivo. L’interesse va quindi oltre ciò che si riflette nelle generazioni viventi, diventando quello dei nostri figli, nipoti e delle generazioni che seguiranno la nostra, perché la tendenziale perpetuità della destinazione agro-silvo-pastorale serve a conservare i beni fondiari per le generazioni future e a garantirne la tutela. In questo senso anche i giovani del movimento “Fridays for Future” potrebbero trovare il loro posto all’interno delle ASUC, abbandonando gli slogan vuoti e impratichendosi al servizio del proprio territorio per garantirne la sopravvivenza.
Naturalmente anche la politica deve fare la sua parte, favorendo la nascita di nuove ASUC sul territorio trentino e semplificandone la vita amministrativa. AGIRE per il Trentino sta lavorando in questo senso. Il nostro obiettivo è di agevolare la gestione del patrimonio di uso civico delle ASUC riducendo l’enorme carico di burocrazia che grava su uno dei pilastri della nostra Autonomia. Oltre a ciò credo sia ora di superare quella incresciosa consuetudine che impedisce alle ASUC di accedere direttamente ai vari contributi esistenti, in particolare quelli destinati a ristrutturazione e miglioramenti edilizi, da destinare a edifici gravati da uso civico che in alcuni casi ospitano anche sevizi essenziali per le comunità locali. Per fare ciò basterebbe dedicare un apposito capitolo del bilancio provinciale a queste necessità. Ciò avrebbe evidenti ricadute positive sulla vivibilità delle realtà locali in chiave sia turistica che di animazione per i residenti e metterebbe a disposizione dei nostri cittadini spazi pubblici da destinare ad eventi socio-culturali.
Cons. Claudio Cia