A nessuno è negato il diritto di fare festa e banchettare nella giornata del santo patrono della propria città e questo vale anche per i politici che la governano. Ciò che però ritengo inopportuno e di cattivo gusto è addebitare tale “spasso” alle casse del Comune e dunque alle tasche dei cittadini.
Non si capisce perché il politico è sempre pronto a chiedere parsimonia, sobrietà e sacrifici ai soliti cittadini, ormai impoveriti oltre che di denaro anche di speranza, mentre lo stesso se ne esenta continuando con indifferenza a spendere e spandere come se crisi economica, tragedie locali e nazionali non lo riguardassero per nulla. Il fatto di non aver rinunciato, almeno quest’anno, al pranzo “banchetto” (pagato con denaro pubblico) nella festività del patrono San Vigilio, personalmente lo ritengo uno schiaffo e un furto a quanti faticano e non possono festeggiare perché devono contare solo sulle proprie forze, soffrono la crisi economica, la precarietà, i licenziamenti e, a differenza dei politici, non possono rinviare i tagli alla loro spesa. Aspettare che i politici si taglino gli stipendi o siano parsimoniosi nel gestire il denaro pubblico, è come aspettare una nave all’aeroporto.
Volendo mantenere la tradizione di questo momento conviviale, sarebbe stato colto come un gesto di grande attenzione e rispetto verso queste persone, se sindaco e compagni, vescovo e curiali avessero optato per pagarsi il “banchetto” attingendo al proprio portafoglio anche per quelli che hanno voluto invitare: è facile essere generosi con il denaro altrui.
Claudio Cia