Esistono anche a Trento dei “non luoghi” che essendo nascosti alla vista è come se non esistessero. E lontano dagli occhi si sa, anche quello che c’è all’interno è come sparisse. È il caso del carcere di Trento, a Spini di Gardolo. Sappiamo che è una struttura relativamente recente, all’avanguardia, ma non ci siamo mai fermati a pensare chi possa esserci dentro.
I dati aggiornati all’8 febbraio 2013, documentavano una popolazione complessiva di 267 detenuti. Gli uomini erano oltre il 93%, mentre le donne il restante 7%.
A livello geografico i detenuti di origine italiana erano circa il 33%, quelli di origine straniera il 67%. Tra quest’ultimi i più numerosi provenivano dalla Tunisia (31%), Marocco (21%), Albania (12%), Romania (10%) e Algeria (3,3%).
Il numero principale di persone era detenuto per violazioni della legge sugli stupefacenti, ben 161 persone (oltre il 60% del totale), di cui l’84% stranieri.
I restanti erano detenuti per furto (circa il 15%), rapina (13,5%), lesioni personali (11,2%), resistenza a pubblico ufficiale (10,1%), ricettazione (8,6%), associazione a delinquere (4,5%), truffa (3,3%), estorsione (3,3%), tentato omicidio (2,6%) e altri reati. Nonostante la freddezza delle cifre, questi dati ci permisero di avere un’idea di chi era recluso nel febbraio 2013.
In previsione della discussione del ddl sul garante dei detenuti e premesso quanto sopra,
si interroga la Giunta provinciale per sapere:
- quanti sono ad oggi i detenuti presenti nel carcere di Trento:
- qual è la provenienza geografica;
- quanti di questi di sesso maschile e quanti di sesso femminile;
- qual è l’età media dei detenuti di entrambi i sessi;
- qual è, in dettaglio, la natura dei reati contestati per quali sono ristretti;
- quanti sono i detenuti a cui sono state riscontrate malattie infettive (epatite C, Hiv, sifilide, gonorrea scabbia, Tbc) e la loro provenienza geografica;
- per quanti detenuti il carcere è predisposto;
- quanti e quali sono gli operatori in forza al carcere;
- quanti sono i casi denunciati di aggressione agli agenti di polizia penitenziaria e/o ad altro personale che opera nel carcere.
A norma di regolamento, si chiede risposta scritta.
Cons. Claudio Cia