“E’ stato certificato che il primario del reparto di ostetricia e ginecologia non è garante del benessere organizzativo“. Questo il commento di Claudio Cia (Fratelli d’Italia). “Purtroppo però si è arrivati a questo risultato perché è scomparsa la giovane professionista Sara Pedri che ha vissuto un inferno sul posto di lavoro. Altrimenti avrebbero forse minimizzato ancora la situazione di un ambiente tossico. Non ci dobbiamo accontentare dell’annunciato spostamento di Saverio Tateo e Liliana Mereu, si deve arrivare ai corresponsabili perché a conoscenza di tutto. A ogni modo c’è stata un’evidente assenza di vigilanza“.
“Una situazione di reparto critica che rende necessario, a partire da lunedì 12 luglio, il trasferimento del direttore dell’ostetricia e ginecologia di Trento ad altra unità operativa e di un altro dirigente medico ad altra struttura ospedaliera dell’Apss”, comunica l’Azienda sanitaria. “Dalla documentazione emergono fatti oggettivi e questi provvedimenti sono stati decisi al fine di tutelare la serenità delle pazienti, di tutti gli operatori coinvolti e a salvaguardia del buon funzionamento del reparto“.
La vicenda relativa alla scomparsa della dottoressa è destinata a stravolgere l’intera struttura. “Questo, però, deve essere un punto di partenza. Ora – aggiunge Cia – diventa necessaria una riflessione generale di tutta quella dirigenza che ha avallato l’operato del primario. Nella delibera di riconferma del primario c’è il parere positivo del direttore sanitario che ha presieduto la stessa commissione interna che parla di fatti oggettivi e situazione di reparto critica“.
Il consigliere provinciale di Fratelli d’Italia è stato tra i primi a ipotizzare alcune criticità per quanto riguarda il reparto del capoluogo. “Ho sempre avuto riscontri eccellenti per quanto riguarda Rovereto – evidenzia Cia – ma segnalazioni di problemi a Trento. Nel 2019 aveva sollevato diversi dubbi di incompatibilità ambientale ma l’ex assessore Luca Zeni mi aveva bacchettato se ci fossero documentazioni ufficiali“.
La proposta di Cia era quella di allargare la commissione ai territori per dare un segnale di apertura nei confronti degli operatori e dei lavoratori del settore socio sanitario in quanto, nelle audizioni, vengono solitamente ascoltati solo i dirigenti. “Un professionista che guida un servizio deve essere autorevole e non autoritario. Se l’ambiente di lavoro è positivo, l’intero sistema guadagna in reputazione e immagine. Bene il risultato dell’indagine ma tutto è arrivato tardivamente“.
In queste settimane a confermare che ci fosse un clima interno al reparto particolarmente difficile gli scritti ritrovati dai carabinieri nell’appartamento della dottoressa, ma anche le testimonianze dei colleghi. “Da questa vicenda occorre recuperare un concetto di sanità basato sul lavoro di squadra che non può prescindere dal rispetto umano, sulla meritocrazia e sulla valorizzazione delle competenze del singolo. L’auspicio è che in futuro si attui un modello di sanità più umano e meno aziendale, dove si riesca a garantire – oltre alla salute di cittadini e pazienti – anche il benessere dei lavoratori“, conclude Cia.