Sono evidenti le responsabilità in primis di una Azienda sanitaria troppo attenta alla reputazione e concentrata primariamente sulla produttività ospedaliera e sui dirigenti sanitari. È simile a quello del presidente dell’Ordine Ioppi il giudizio di Claudio Cia, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio provinciale.
Nonostante militi formalmente in maggioranza anche in questo caso Cia non esita a criticare le scelte della giunta in materia sanitaria, compresa la nomina di Antonio Ferro alla direzione dell’azienda: «È uno di quelli che ha alimentato il sistema vigente. Perché non pensiamo che Ostetricia e Ginecologia sia un caso isolato, la vicenda di Sara Pedri – sostiene il consigliere – è solo la punta dell’iceberg».
Cia, che prima di entrare in politica faceva l’infermiere e conosce l’ambiente, ha raccolto le testimonianze di molti operatori sanitari che si sono rivolti in passato al Consigliere di fiducia senza avere risposte. Il consigliere di fiducia è una figura esterna, una psicologa, a cui i dipendenti possono rivolgersi per segnalare casi di mobbing o se si sentono sfruttai o umiliati nelle loro professionalità. Ma secondo Cia è un sistema che non funziona perché in passato tutte le denunce sono state archiviate e non prese seriamente in considerazione dall’Azienda, che ha l’interesse a dare un’immagine interna di efficienza e armonia e non vuole macchiarla con problemi di questo tipo. «La denuncia anziché essere occasione per intervenire e restituire serenità è sempre stata vista come un problema e il denunciante viene visto come una persona che crea problemi. È logico che in questa situazione i dipendenti si guardino bene dal denunciare, per poi magari finire sul banco degli imputati ed essere emarginati».
Il consigliere di Fratelli d’Italia è convinto che solo il clamore mediatico del caso Pedri ha portato l’Azienda ad andare fino in fondo: «Senza Chi l’ha visto? e i giornali che insistevano nel riportare testimonianze e voci critiche non si sarebbe mosso nulla. E adesso non vanno spenti i riflettori, non ci si può limitare a una punizione simbolica, bisogna restituire serenità all’ambiente sanitario e umanità e rispetto a chi ci lavora».
L’articolo su “L’Adige” del 12.07.2021: