Claudio Cia rinuncia al rimborso di 37mila euro per il “caso firme”: era stato assolto

In seguito ad articoli apparsi sui quotidiani locali qualche settimana fa, comunico la mia scelta di non procedere oltre con la richiesta di rimborso al Consiglio Provinciale, per le spese legali di oltre 37mila euro che ho dovuto sostenere per la mia difesa nel procedimento che mi ha visto dapprima imputato e poi assolto per il reato di cui all’art.90 del DPR 570/1960 relativo alla falsa formazione delle liste elettorali riguardanti le elezioni comunali del maggio 2015.

Secondo il Regolamento sul trattamento economico dei consiglieri e sugli interventi a favore dei gruppi consiliari, per quanto riguarda il Rimborso delle spese legali” (art.5) è definito che: Il Consiglio rimborsa ai consiglieri provinciali che non sono anche componenti della Giunta provinciale le spese legali sostenute per la loro difesa in ogni tipo di giudizio, quando sono stati coinvolti per fatti o atti connessi all’adempimento del loro mandato o all’esercizio delle loro funzioni, se sono stati assolti con sentenza passata in giudicato, prosciolti in istruttoria o comunque non sono risultati soccombenti…”.

È previsto dalla legge che i consiglieri provinciali possano autenticare le firme di presentazione delle liste elettorali, previa autorizzazione del Presidente della Giunta provinciale, e in quella specifica occasione avevo operato secondo la facoltà e nelle funzioni attribuitemi dal Presidente (Decreto del Presidente). In altre parole, se non fossi stato Consigliere non avrei potuto raccogliere quelle sottoscrizioni e quindi non sarei stato tirato in ballo nella vicenda legale in oggetto.

La presidenza valuta invece l’autenticazione delle firme come non rientrante nelle funzioni del consigliere provinciale, confermando una linea “prudenziale” per evitare il rischio che un domani la Corte dei Conti possa contestare l’esborso. Significa che se volessi ottenere quanto da regolamento mi spetterebbe, dovrei ricorrere al TAR, dalla cui decisione dipenderebbe poi il comportamento del Consiglio.

Non lo farò, perché ulteriori spese e perdita di tempo sono del tutto incompatibili con l’impegno che sto profondendo nell’attività consiliare istituzionale e per la crescita del movimento AGIRE che ho contribuito a far nascere. L’accanirmi perché mi venga riconosciuto un diritto, sarebbe oltretutto un’azione in contrasto con il mio modo di stare in politica. Ho sempre rinunciato infatti a qualunque tipo di rimborso, eccetto quanto detto sopra, per dare un preciso segnale di sobrietà, non per particolari meriti personali, ma perché questo è il mio stile, nonché il mio modo di mantenere fede agli impegni verso chi mi ha scelto come rappresentante.

A suo tempo quando venni rinviato a giudizio scelsi di non patteggiare o intraprendere altre scorciatoie per il “caso firme” forte nelle mie convinzioni, proprio per non pagare per qualcosa che non avevo fatto; mi resta quindi una notevole amarezza di dover ammettere che spesso in Italia, essere colpevoli o innocenti è indifferente, perché tanto ti ritrovi a pagare in ogni caso.

Vale comunque più delle parcelle la soddisfazione dell’assoluzione che ha riconosciuto la mia rettitudine e la mia onestà!

Cons. Claudio Cia

L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 20 gennaio 2017:

L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 20 gennaio 2017:

Esito dell'iniziativa

 

Comunicato inviato ai media locali il 19 gennaio 2017.

 

 

 

Un breve estratto della conferenza stampa:

 

 

 

 

L’articolo su “La Voce del Trentino”: Claudio Cia rinuncia al rimborso di 37mila euro per il “caso firme”

 

L’articolo su “Agenzia giornalistica Opinione”: Spese legali, Cia: rinuncio al rimborso di 37mila euro chiesto al Consiglio provinciale

 

 

 

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