Negli scorsi giorni, 6 consiglieri dell’opposizione del Consiglio provinciale di Trento (PD, PATT, Futura, Europa Verde, M5S e Onda Civica), hanno presentato una proposta di mozione con la volontà di nominare “una commissione consiliare d’indagine sulla pandemia da Covid-19 (…) allo scopo di verificare il tasso di effettiva diffusione del virus Covid-19 sul territorio Trentino, le modalità del suo monitoraggio, la trasmissione degli esiti di esso alle autorità preposte e le azioni adottate per la sua gestione”. Tale iniziativa, sventolata come baluardo della trasparenza dall’armata Brancaleone che pare tifare affinché la nostra Provincia entri in “zona rossa”, è in realtà un pavido tentativo di screditare l’operato della Giunta provinciale e dell’Azienda sanitaria trentina che – per male che si stanno comportando – rischiano di far entrare il Trentino all’interno della classificazione “zona bianca” (primo caso in tutta Italia).
La realtà dei fatti ci dice che il nostro Trentino sta lavorando bene e secondo le regole, come dimostrato dai dati statistici e dal fatto che non c’è stato alcun riscontro all’uso di pratiche distorte. Non basta infatti buttare lì due cifre a caso come fatto dalla minoranza, bisogna che quelle cifre vengano anche commentate. Il nostro territorio – già prima della pandemia e grazie al benessere generato dalla speciale Autonomia di cui gode – presentava un’aspettativa di vita in media più alta rispetto a tutte le altre regioni d’Italia (con una buona percentuale di persone over 70 con patologie pregresse), senza contare un più elevato numero di posti letto negli ospedali (pur se tagliati negli scorsi anni proprio da quel centro-sinistra che oggi vorrebbe fare le pulci alla Giunta provinciale).
Oltre a ciò, occorre ricordare come il comportamento delle strutture provinciali nella comunicazione al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità dei dati riguardanti i tamponi effettuati e i positivi abbia sempre seguito le regole previste da questi enti. E’ infatti da notare come solo dal 4 dicembre il Ministero, sollecitato dalla politica e non certo dal mondo scientifico, abbia richiesto alle Regioni (e alle Province autonome) il numero di test antigenici, e come da quel giorno in avanti la Provincia abbia sempre comunicato questo dato. Farlo prima non avrebbe avuto molto senso, sia perché non esisteva una collocazione adatta nell’apposita piattaforma ministeriale (solo a partire dal 20 gennaio questi numeri vengono pubblicati sulle tabelle di prospetto del Ministero della Salute dell’ISS, con 9 regioni che indicano uno “0” alla voce tamponi antigenici effettuati), sia perché prima di quella data il flusso dei test antigenici era molto difficile da gestire, visto che, al contrario dei test molecolari che sono effettuati solamente da laboratori accreditati, quelli rapidi possono essere effettuati anche da privati. In questo senso, la Provincia – prevedendo un isolamento fiduciario di alcuni giorni prima della conferma con il tampone molecolare e la presa in carico dei malati – è stata efficiente.
Lo scostamento tra quella che è la realtà vissuta dai trentini (con un pesante aumento del rischio di suicidi e della vendita di psicofarmaci, dovuti alla crisi economica e alla possibilità che buona parte del tessuto economico trentino – in questo 2021, che sarà peggio del 2020 – venga spazzato via) e il mondo fatato in cui sembrano abitare alcuni membri dell’opposizione del Consiglio provinciale, è tanto più evidente se si considera che questi ultimi, invece di rispondere ai bisogni attuali dei nostri cittadini con proposte chiare e attuabili, si perdono nella discussione dei massimi sistemi e nella rincorsa dei fantasmi.
Rispondano alle domande che contano veramente: al nostro Trentino conviene maggiormente investire tempo, risorse umane e denaro nella ricerca dei positivi asintomatici (sul modello di quanto fatto dai vicini altoatesini, con un evidente spreco di denaro pubblico per un esperimento che ha fotografato una situazione momentanea, in cui solamente l’1% delle persone che si sono presentate per fare il test è stato trovato positivo con un tampone rapido – da verificare in seguito con il tampone molecolare), oppure nel potenziamento delle nostre strutture e nella vaccinazione? Costa di più un giorno di lockdown completo o l’acquisto di migliaia di dosi di vaccino? Perché sprecare tempo, alimentando inutili sospetti e paure, in una commissione d’inchiesta sul Covid-19, quando il Consiglio provinciale può riunirsi giornalmente e discutere dei provvedimenti per semplificare, sburocratizzare e rilanciare l’economia trentina?
Cons. Claudio Cia, Fratelli d’Italia