È stato l’ultimo candidato sindaco del centrodestra, dopo una lunga «carriera» nei banchi dell’opposizione del consiglio comunale. Oggi Claudio Cia è consigliere provinciale e ha fondato un partito tutto suo: AGIRE. Nuovi incarichi, ma lo sguardo resta sempre là, verso via Belenzani. È anche per questo che negli incontri di coalizione spiega agli alleati cosa è necessario fare per non mancare la vittoria del 2020: scegliere un candidato che non sia «di bandiera». Quanto ai movimenti del polo di centro, Cia non pare sedotto. «Per ora — taglia corto — non si vede nulla».
Partiamo da qui: il polo di centro a Trento si farà o è solo tattica per contare al ballottaggio?
«Le scelte di Alessandro Andreatta degli ultimi anni hanno spostato a sinistra la coalizione e questo ha provocato molti scontenti che sono stati rimossi da incarichi di prestigio. Ciò che ha originato l’idea di centro svela quindi grande amarezza e rabbia; è una forma di rivincita che evidentemente non può esaurirsi mettendo insieme i delusi, i “poltronari”. Allora si è pensato di coinvolgere altri soggetti politici per fare un qualcosa che si ostinano a chiamare “centro” ma ormai di centro non vedo nulla».
Quindi non esiste?
«Stiamo vivendo un momento in cui la politica è polarizzata, ci piaccia o meno. A essersi polarizzata è anche la Chiesa e questo è un male perché dovrebbe occuparsi di altro».
Si riferisce al vescovo Lauro Tisi e alle sue dichiarazioni a proposito di accoglienza?
«No, mi riferisco a ciò che vedo a livello nazionale. Penso alle prese di posizione che creano confusione nell’elettorato cattolico perché c’è una parte che guarda a sinistra e rappresenta l’aborto e la distruzione della famiglia; dall’altra c’è una Chiesa conservatrice che rifiuta questa visione. E in definitiva i cattolici si trovano in mezzo al guado».
Quindi la tradizione popolare e cattolica che ha segnato la storia politica del Trentino è stata compromessa alle urne perché non esiste più quel riferimento culturale? Se tutto è polarizzato non esiste più l’ala moderata?
«Ciò che dico è che in questa polarizzazione i cattolici hanno perso l’identità, una volta l’elettorato cattolico sui temi valoriali non transigeva: vita, fine vita, famiglia. Le posizioni erano chiare. Ora c’è chi si espone con disinvoltura verso partiti e movimenti lontani dai principi che viceversa dovrebbero interpretare».
Qualche mese fa ha detto che il candidato sindaco di Trento non deve rappresentare un singolo partito. Le elezioni in Umbria cambiano il peso specifico di Lega e Fratelli d’Italia?
«Io sono contento del risultato di Fratelli d’Italia perché stimo la coerenza di Giorgia Meloni che ha rischiato tutto. Alla fine è quello che ho fatto io. Ciò detto, rimane la necessità che su Trento e per Trento non sia scelto un candidato che porta una bandierina, piuttosto va cercata una persona assolutamente rappresentativa di tutti e che non sia marchiata dai partiti».
Ha detto che il centrosinistra s’è spinto troppo a sinistra, qualora si imponesse Fratelli d’Italia allo stesso modo il centrodestra lo potremmo chiamare semplicemente destra. Si sentirebbe ugualmente rappresentato?
«Ciò che conta sono le persone e, in ogni caso, non ho difficoltà a riconoscere i valori di questo partito. Parlare di “Dio e una nazione” oggi pare un disvalore. Invece avere a cuore la propria patria e la nostra autonomia è una priorità».
Cita l’autonomia: avete chiesto a Mirko Bisesti di sondare gli spazi d’incontro con il Patt. Ora cosa ne pensa delle scelte delle Stelle Alpine che confermano la linea blockfrei?
«Il Patt alle provinciali si è salvato in corner smarcandosi dal Pd, altrimenti avrebbe fatto la fine dell’Upt. Qualunque sia la scelta a Trento e Rovereto dovrà tenere presente che un’alleanza con il centrosinistra è stata sopportata e ora la base non è più disposta ad accettarla».
L’articolo sul “Corriere del Trentino” del 30 ottobre 2019: