Licenziamenti collettivi, riduzione degli stipendi, proliferazione del lavoro nero, l’interesse privato dei pochi a scapito dei Comuni, il malessere di artigiani e operai, veicolato da lettere e volantini, spesso anonimi, per paura di ripercussioni. La crisi del porfido trentino preoccupa: dal 2007 ad oggi il settore ha perso circa 1.000 posti di lavoro, passando da 1.600 a poco più di 600 addetti.
La situazione è paradossale. Per fare un esempio, nel 2015 il Comune di Albiano, una delle zone di maggior estrazione del porfido trentino, ha confermato la concessione di scavo fino al 2028 ad una ditta che già nel 2009 aveva licenziato tutti i suoi dipendenti. Assurdo. È il risultato di un sistema alimentato dalle poco lungimiranti politiche provinciali, a scapito dei territori in cui per decenni si è estratto il pregiato “oro rosso”.
Il sistema di calcolo dei canoni in vigore pare essere del tutto artificioso e consentirebbe, anche se applicato correttamente, di stabilire il prezzo della materia prima a vantaggio delle imprese. Purtroppo non si può affermare lo stesso per le comunità locali, peraltro colpite anche da tagli di bilancio e carenza di risorse rispetto al passato. Facciamo nostro il seguente passaggio di un articolo pubblicato dalla stampa locale, in cui si evidenzia come “il sistema delle proroghe delle concessioni, oltre a consentire alla lobby dei cavatori di mantenere saldamente il controllo della materia prima, nasconde il reale valore del porfido“.
A titolo esemplificativo, basta notare come nel 2014 il comune di Fornace abbia incassato 387.000 euro a fronte di 83.000 metri cubi estratti. Se però fosse stata applicata la media del canone Asuc, avrebbe incassato 311.250 euro in più. Stesso discorso a Lona-Lases: sono stati estratti 33.000 metri cubi, il Comune ha incassato 121.000 euro, ma avrebbe potuto incassare 171.600 euro in più. Prima della crisi, siamo nel 2007, ad Albiano la media dei canoni risultava pari a 3,26 euro a metro cubo ed il comune incassava 2.154.000 euro a fronte di un volume estratto pari a 685.000 metri cubi. Fatta la differenza con il canone ASUC del 2006 si nota che il mancato introito per le casse comunali è stato pari a 3.017.000 euro.
Peccato, quei soldi sarebbero potuti finire ai Comuni, che avrebbero potuto investire in servizi per i cittadini. L’ennesima occasione persa dal cosiddetto centro-sinistra-autonomista. Ci chiediamo per quanto tempo la politica provinciale deciderà di fare finta di nulla, tutelando i pochi invece dei molti.
Premesso quanto sopra, si interroga la Giunta provinciale per sapere:
- quanti siano stati, in termini economici, i benefici persi dai Comuni in cui si trovano attività estrattive negli ultimi cinque anni, considerando come riferimento i canoni medi previsti dalle Asuc.
A norma di regolamento, si chiede risposta scritta.
Cons. Claudio Cia
Nei giorni successivi il “Coordinamento lavoro porfido” ha chiesto un incontro con i consiglieri.
L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 15 settembre 2016:
L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 15 settembre 2016: