Nel dibattito scatenato dalla riorganizzazione dei servizi ospedalieri operata dalla Provincia e dall’Azienda Sanitaria a seguito dell’entrata in vigore delle norme sui riposi dei professionisti, c’è qualcuno che si arrampica sugli specchi non volendo guardare in faccia la realtà. Invece, la realtà va registrata nella sua oggettività. A tale proposito, va sottolineato con chiarezza che i problemi non riguardano solo i Pronto Soccorso, i Punti nascita e l’attività chirurgica. Nel dare rilievo a tali ambiti di pesante criticità, non vanno sottovalutati altri disservizi legati alla ridotta disponibilità di medici anestesisti.
I casi si moltiplicano di giorno in giorno. Di fronte a complicanze legate a patologie che portano ad una grave sofferenza renale acuta o cronica, può rendersi necessario sottoporsi al trattamento di dialisi. Ebbene, tutti gli ospedali presenti sul territorio sono attrezzati per la dialisi programmata (mediamente 3 volte alla settimana) nella fascia oraria diurna, ma dal 25 novembre laddove non vi sono anestesisti in servizio tra la 18.00 e le 8.00 del giorno seguente, un trattamento dialitico d’urgenza non può essere effettuato, con tutto il disagio e l’angoscia che vive un paziente scompensato e in edema polmonare acuto che non può essere curato in tempi appropriati rispetto alla situazione e deve essere trasportato verso un ospedale dove è presente l’anestesista.
Altra sottolineatura riguarda i malati psichiatrici. Abbiamo in provincia tre unità operative di degenza Psichiatrica, a Trento, a Borgo e ad Arco. A tale proposito si è verificato, e mi è stato segnalato, un episodio emblematico: per un paziente di Rovereto, in preda a una violenta crisi, si è resa necessaria una importante sedazione. Una volta somministrati i relativi farmaci, è stato trasportato – siamo in fascia serale – verso l’unità operativa di Psichiatria di Borgo Valsugana, non essendovi in quella di Arco posti disponibili. Ma a Borgo, visto il livello di sedazione, il personale in servizio, non potendo garantire in assenza dell’anestesista un intervento appropriato nell’eventualità di un’insufficienza respiratoria, possibile complicanza legata alla sedazione, lo rinvia a Rovereto, anche in questo caso con pesanti disagi per il paziente e per i suoi familiari.
I casi cui ho ora fatto riferimento denunciano la superficialità con la quale è stata affrontata una questione che richiedeva un lungimirante e organico intervento di riorganizzazione, per il quale vi era tutto il tempo necessario. I vertici politici della Provincia e la Direzione della Azienda Sanitaria hanno preferito conformarsi all’assai poco asburgica abitudine italica di confidare nell’ennesima proroga e in sua assenza nella convinzione che, comunque sarebbe andata, i Trentini si sarebbero rassegnati…
L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 10 dicembre 2015: