Nel corso del dibattito riguardante l’art. 15 della legge collegata alla manovra di bilancio provinciale 2020, laddove prevede che se un componente del nucleo familiare viene condannato tutta la famiglia viene mandata via dall’appartamento ITEA, alcuni consiglieri hanno sostenuto che tale fattispecie sarebbe illegittima, in quanto – come stabilito dall’art. 27 della Costituzione – “La responsabilità penale è personale”. Io stesso ho presentato i miei dubbi sull’articolo, depositando un emendamento per introdurre il principio di connivenza o complicità della famiglia. Per questo sono soddisfatto che la Giunta provinciale abbia aperto alla possibilità di chiarire meglio questa norma, in particolare per garantire di più le posizioni dei famigliari.
Il mio emendamento intende intervenire per far sì che i componenti del nucleo familiare non si vedano addossare in maniera automatica – ai fini amministrativi – una responsabilità penale altrui, ma che piuttosto rispondano per i propri atti, quantomeno omissivi. E’ bene ricordare infatti la differenza che esiste tra “responsabilità penale” e “responsabilità ai fini amministrativi”. La Provincia autonoma di Trento, in tutta evidenza, non dispone della competenza in materia penale. Più precisamente, si può sostenere che la PaT, agganciandosi all’esistenza di una responsabilità penale sancita dall’intervento della magistratura, ne fa derivare delle conseguenze sul piano amministrativo con riguardo a soggetti diversi dal reo. Vi è pertanto la necessità giuridica (e morale) che anche la responsabilità di tipo amministrativo trovi un radicamento nella natura delle cose, e non venga ciecamente imputata a soggetti che potrebbero essere del tutto estranei ai fatti da cui la legge fa derivare la revoca sanzionatoria dell’alloggio.
E’ chiaro a tutti che un nucleo familiare, per fruire di determinati benefici, debba cooperare per garantire che il servizio ottenuto non si ritorca contro la collettività e che non divenga – come nel caso degli alloggi utilizzati a fini illeciti – persino un presupposto per rendere più agevoli le condotte antisociali. Nella vita di tutti i giorni è però possibile che determinati delitti maturino in un ambiente familiare senza che i conviventi possano né prevedere né tantomeno agire in alcuna maniera. E’ altrettanto vero tuttavia che – in non pochi casi – all’interno del nucleo familiare si sviluppano forme di omertà, di collusione, persino di compartecipazione agli illeciti commessi dai propri membri. E’ per questa ragione che si deve consentire ai conviventi stessi di fornire una prova liberatoria, nel senso di dimostrare di non aver agevolato né partecipato – neppure omissivamente – alla realizzazione di condotte antisociali. Ciò permetterebbe di evitare l’irrogazione di ingiuste sanzioni in maniera indiscriminata, ma scongiurerebbe anche l’indifferenza nei confronti dei contesti omertosi di cui sopra.
Costituisce un fatto risaputo inoltre, che spesso all’interno degli alloggi forniti dall’edilizia pubblica, e mediamente più che in altri ambienti, a causa della presenza di alcuni nuclei familiari problematici, si vengono a determinare situazioni di grave degrado che vanno a danneggiare gli inquilini che si comportano correttamente, oltre alla collettività nel suo complesso, e che inficiano pesantemente sull’immagine dell’edilizia popolare. E’ pertanto nell’interesse comune, a partire dalla stessa Pubblica amministrazione per giungere poi fino all’intera comunità trentina, agli inquilini e all’istituto ITEA, individuare delle soluzioni concrete, in grado di contenere le criticità che caratterizzano questo settore di welfare e di evitare che l’erogazione di denaro pubblico si traduca in un incentivo all’attività criminale.
Cons. Claudio Cia
L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 12 dicembre 2019:
L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 12 dicembre 2019:
L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 18 dicembre 2019: