Fede e green pass, la necessità di riprendere lo spirito delle origini

Lo scrivere di argomenti complessi, soprattutto se afferenti le sfere dell’etica e della religione, se si limita alle poche righe di una lettera destinata ad un giornale spesso non consente all’autore di elaborare adeguatamente i concetti che vorrebbe esprimere e al lettore di cogliere le sfumature e le varie sfaccettature che magari lo scrittore dava per scontate. È così accaduto che il Sig. Simone Costa su “L’Adige” del 16 ottobre abbia offerto una lettura particolare, e a mio parere ingiusta, del mio scritto “Anche la fede si è arresa al green pass, apparso pochi giorni prima sulle medesime pagine. Non ne faccio evidentemente una colpa del lettore e per questo motivo tento di rispondere ai suoi dubbi.

Quando scrivevoforse i miracoli non sono più di moda intendevo dire semplicemente che essi – visti gli ultimi sviluppi – sembrano non essere più motivo di attenzione giornaliera per la Chiesa moderna, concentrata come pare essere sulle questioni terrene. È infatti evidenza giornaliera che noi si sia abbandonato lo spirito delle origini dove il fedele doveva tendere all’imitazione della vita di Gesù, ma senza mai poter raggiungere il grado di Cristo, proprio perché se vi riuscisse esso si sostituirebbe al Figlio di Dio, cosa che la semplice natura umana non può concepire; nel corso dei secoli, noi si è preferito invece abbracciare una concezione più orientale della religione, dove all’uomo – con le sue azioni – è data facoltà di trascendere la propria natura e raggiungere il grado divino. Il Sig. Costa pare poi dimenticare che sono state proprio le religioni abramitiche a permettere di superare la ciclicità della vita del primitivo, fatta di ripetizione, magia, totemismo, culto degli antenati, grandi dee della fecondità ecc. attraverso l’idea di Dio. Da quando si è “inventata” la fede nel senso giudeo-cristiano (=per mezzo di Lui ogni cosa è possibile) l’uomo può conquistare da una parte la libertà e dall’altra la certezza che le tragedie storiche hanno un significato che trascende la storia, anche se questo significato non è sempre evidente per l’attuale condizione umana. È poi innegabile che – dal momento dell’ascensione al cielo del Cristo – la religione cristiana si sia diffusa soprattutto grazie al racconto dei miracoli e alla definizione di dogmi. Se si fosse improntato tutto sulla genuinità e sull’ordinarietà, probabilmente Gesù sarebbe passato alla storia come un rivoluzionario politico al pari di tanti, non come il Figlio di Dio.

Mi scuserà poi il lettore, ma nella mia mente quando parlavo della necessità di “riunire tutta la famiglia cristiana non si prefigurava alcun golpe per tentare di riunire sotto l’unico vessillo cattolico tutte le suddivisioni attualmente presenti nel Cristianesimo, stavo solo facendo riferimento alla necessità che i fedeli cristiani vivano la Chiesa come la Casa del Signore e quindi scelgano – nei modi che ritengono opportuni – di frequentarla abitualmente. Ci tengo poi a sottolineare come, a parere del sottoscritto, l’anticamera del pensiero totalitarista sia rappresentata invece dall’ateismo e dal nichilismo, dove il Dio che è assente viene sostituito talvolta dall’uomo forte al comando, talaltra dal ricordo di un’età dell’oro di una determinata civiltà o talaltra ancora dal materialismo più sfrenato. Al contrario di quanto afferma il Sig. Costa, le dittatura moderne non hanno mai trovato terreno fertile nell’ortodossia religiosa, ma hanno semplicemente sfruttato a proprio favore o contro una determinata categoria i simboli religiosi.

Secondo Costa infine per il Consigliere Cia un padre, un buon padre, dovrebbe essere protagonista anche della vita dei figli oltre che della propria come un vero e proprio padre padrone”. A mio modesto parere invece, un buon padre non dovrebbe essere protagonista della vita dei propri figli (posto che non si può vivere la vita altrui come fosse propria), dovrebbe tuttavia essere presente per gioire nei momenti di felicità, consigliarli nei momenti di bisogno e per consolarli negli attimi di tristezza. Le Sacre Scritture, attraverso la parabola del figliol prodigo, vogliono insegnarci che un eccesso di libertà conduce ad una falsa Autonomia e quindi alla schiavitù: il figlio che è stato completamente libero ora è diventato un servo – un guardiano dei porci che sarebbe felice di ricevere per cibo il mangime dei maiali (animali impuri per gli ebrei, tesi a ricordarci come il loro guardiano sia l’espressione dell’estrema alienazione e dell’estremo immiserimento dell’uomo).

Cons. Claudio Cia – Presidente del Gruppo Consiliare di Fratelli d’Italia

Esito dell'iniziativa

 

Lettera inviata a “L’Adige” il 21.10.2021 in risposta all’intervento del sig. Simone Costa.

 

La lettera del sig. Simone Costa, pubblicata su “L’Adige” del 16.10.2021:

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