Il clamore suscitato per la firma del protocollo in data 24 settembre 2016 alle ore 12, con relativo finanziamento, tra Provincia Autonoma di Trento – Trentino Sviluppo – Waris ha portato alla luce diverse incongruenze che forse non si sono considerate o non si è voluto considerare.
La prima è quella di non aver tenuto conto che tra gli attori di questo protocollo ci sono personaggi, sicuramente noti in ambito provinciale soprattutto per non essere al primo contributo agevolato a fondo perduto, quale sostentamento di innumerevoli aziende fondate e successivamente fallite: una in Cecoslovacchia, una in Ungheria; cinque in Trentino, ultima delle quali in via di fallimento è la suddetta WARIS. I proprietari sono tutti riconducibili ad una stessa famiglia che pare si avvalga anche di collegamenti con l’azienda “Next Gmbh” sita a Stoccarda il cui amministratore unico, salvo omonimia, è riconducibile a uno della famiglia. La cosa risulta molto strana se si considera che è un recidivo fallimentare e un nulla tenente per il fisco Italiano, nonostante risulti a vario titolo presente in almeno 16 società con genesi poco comprensibili.
Da accertamenti effettuati, che ovviamente vanno approfonditi, sembra di capire che ci sia consuetudine mantenere in vita aziende il tempo necessario per incassare i contributi provinciali, per poi lasciarle fallire non prima di aver messo al sicuro ingenti somme in società fantasma all’estero.
Se quanto fin qui affermato risulta vero, ci si chiede come possano succedere cose del genere, ovvero firmare un protocollo che impegna risorse pubbliche senza le dovute verifiche e garanzie: vorremmo ricordare che si sta parlando di un milione e mezzo di euro, soldi appartenenti ai cittadini trentini; inoltre è stato disatteso anche l’impegno ad assumere personale come previsto dal protocollo. Peraltro, questi contributi sono stati concessi a fronte di promesse di assunzione che non risultano rispettate; anzi allo scrivente risulta che recentissimamente non siano stati rinnovati alcuni contratti e che a seguito degli ultimi sviluppi (sabato scorso per la cronaca ) si siano pure verificati fuori dall’azienda dei tafferugli sui quali gli inquirenti starebbero investigando. Da verificare anche alcuni avvicendamenti ultimi che si sarebbero verificati all’interno dell’azionariato con l’ingresso o meno di partner locali e la fuoriuscita di altri, ma pur sempre considerati a tutti gli effetti di maggior peso.
Infine, da altre indiscrezioni ancora emergerebbe che l’azienda WARIS starebbe adottando un possibile ricorso alla cassa integrazione per circa la metà dei lavoratori (20 su 40): la giustificazione è quella di un fermo temporaneo in vista dello spostamento alla sede di Storo ex Lowara, per intenderci quella che la Provincia sta ristrutturando per accogliere questa azienda; si è anche a conoscenza che la stima iniziale è stata sforata per “inattesi” problemi strutturali e quindi si è dovuto procedere stanziano altri denari.
Premesso quanto sopra, si interroga la Giunta provinciale per sapere:
- se sono state svolte le opportune verifiche sulla stabilità della WARIS prima di concedere tale finanziamento, ed eventualmente quali, chi le ha condotte e con che esito;
- se, viste le vicende elencate in premessa, non ritenga prudente bloccare questo dispendioso progetto, in attesa di una verifica approfondita;
- se è in disponibilità della provincia il documento del protocollo citato in premessa e in tal caso si chiede di avene copia;
- qual è il finanziamento definitivo a riconducibile alla provincia;
- qual è la natura degli avvicendamenti ultimi che si sarebbero verificati all’interno dell’azionariato con l’ingresso o meno di partner locali e la fuoriuscita di altri;
- chiede, considerato che pare ci sia poca trasparenza nell’intera operazione, se non si ritenga opportuno interessare e far intervenire le autorità competenti per chiarire eventuali responsabilità.
A norma di regolamento, si chiede risposta scritta.
Cons. Claudio Cia – AGIRE
L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 26 novembre 2016: