La Regione nel programma 2018
Il Programma della coalizione popolare autonomista per il cambiamento per le elezioni provinciali 2018, con riguardo al tema “Ruolo della Regione Autonoma Trentino – Alto Adige/Südtirol”, sanciva che “La Regione costituisce ancora oggi il fondamento irrinunciabile della nostra Autonomia”. La realtà dei fatti ci dimostra invece che negli ultimi decenni si è assistito ad un chirurgico e sistematico smembramento delle competenze e dell’immagine della Regione che è ormai equiparata ad uno sportello bancomat per le esigenze delle due Province e ad una forma di centro di collocamento per le esigenze dei partiti di ogni maggioranza.
Regione ridotta all’insignificanza
Chiediamoci, ma i partiti che nei decenni trascorsi sono stati posti dall’elettorato al governo di questa istituzione quale importanza le hanno riconosciuto, quale messaggio sono riusciti a trasmettere? Si dice che le persone si riconoscono dalle loro opere. Applicata ai partiti, in tutta onestà, dobbiamo dire che alcuni di loro, anno dopo anno, si sono meticolosamente prodigati perché la Regione venisse ridotta all’insignificanza, privata della visibilità che le è dovuta.
Fatte scelte infelici
Sono state fatte scelte infelici che di fatto hanno portata la Regione a non essere più riconosciuta come la pietra angolare che sostiene l’intero edificio dell’Autonomia. Una pietra angolare scartata per miopia ed egoismo che di fatto oggi ci negano la possibilità di progettare un futuro da condividere per essere più forti. E non certo per mano di chi ci lavora, ma per scelte politiche infelici. La Regione è stata trasformata in una sorta di spartitraffico, con norme differenti tra le due Province, tanto da sembrare sempre di più come un’istituzione dove gli attori vivono come dei separati in casa. In passato, anche recente, si è agito nella direzione di togliere competenze, senza lavorare per ridefinire il ruolo della Regione. Ma di questo ente non possiamo fare a meno: è la casa comune che dà valore alla nostra autonomia. Dobbiamo recuperare motivi di interesse, promuovere occasioni di dialogo. Le due Province dovrebbero avere la lungimiranza di fare un passo indietro per farne fare uno in avanti alla Regione, per rafforzare la nostra Autonomia.
Ufficio stampa della Regione
A tale proposito ricordo bene la battaglia che assieme alla compagine trentina della Giunta regionale portai avanti, quando ero Assessore regionale, per riuscire a ricostituire un ufficio stampa autonomo rispetto alle due Provincie. Era dal 2005 infatti che il ruolo di ufficio stampa della Regione veniva svolto dagli uffici stampa delle due Province, due anni e mezzo ciascuno, spartendosi il costo di 400mila euro all’anno.
Politica del “fin quando posso, prendo tutto quello che posso”
Sulla Regione purtroppo si è consumata la politica del “fin quando posso, prendo tutto quello che posso”. E’ prevalso un egoismo che ha innalzato un muro di progressiva incomunicabilità tra il Trentino e l’Alto Adige dove la Regione da istituzione che riuniva i popoli delle due province valorizzando adeguatamente i gruppi linguistici presenti all’interno di esse, ora – da certe forze politiche presenti in Consiglio regionale – è vista come un problema, un ostacolo da ridurre all’insignificanza, per raggiungere il tanto auspicato divorzio tra la provincia di Trento e quella di Bolzano. È sotto gli occhi di tutti la volontà di archiviarla al più presto e di sostituirla con un’entità simbolica priva di qualunque peso politico e che non possa esercitare condizionamenti di sorta.
Autonomia in pericolo
Ma l’Autonomia non la si esprime esautorando la Regione e non la si promuove con la contrapposizione tra le due Provincie autonome, tra queste e lo Stato; l’Autonomia non la si difende con atteggiamenti provocatori e di sfida. Per Trento e Bolzano non c’è prospettiva solitaria di successo fuori da una logica regionale. La bontà e la grandezza della nostra Autonomia, quella vera, si manifesta con il buon governo, con un’azione amministrativa oculata, che sappia rappresentare la laboriosità e la tenacia della nostra gente, che abbia a cuore i diritti dei cittadini – a partire da quelli più svantaggiati – che sappia rappresentare il proprio territorio, la sua storia e la sua cultura con le sue diverse sfumature, meglio di come lo potrebbe fare chiunque altro. La nostra Autonomia si tutela nel quadro dell’unità nazionale e non altrove. L’Autonomia è invece in pericolo ogni qualvolta la si vanta e rivendica per discriminare i propri cittadini e smembrare le sue istituzioni; ogni qualvolta la si considera un valore da non condividere, ogni qualvolta la si usa come paravento per occupare posizioni di potere sulla base dell’appartenenza politica o etnica anziché per meritocrazia. L’Autonomia è in pericolo ogni qualvolta la si usa per occultare i faccendieri dell’autonomia… e ce ne sono davvero tanti. Questo sì che rappresenta la negazione dei valori autonomisti.
Dimissioni da Assessore
A tale proposito, bizzarro è stato invece scoprire che, secondo certi partiti che si fregiano di essere i garanti dell’Autonomia, sarei stato io, con la mia scelta di portare il partito di Fratelli d’Italia in Consiglio provinciale a Trento e in quello regionale, ad aver messo in pericolo l’Autonomia di questa terra, le sue istituzioni e le sue minoranze. Per questo avevano chiesto la mia testa di Assessore, quando non ce n’era neppure bisogno, visto che il 26 dicembre 2020, durante la conferenza stampa dove motivavo la mia scelta di converge in Fratelli d’Italia, avevo chiaramente dichiarato di rimettere il mio ruolo istituzionale di Assessore. Un segno che ha voluto essere di rispetto nei confronti della maggioranza che mi aveva nominato.
Ho dunque lasciato la poltrona di Assessore regionale spontaneamente e non perché qualcuno me l’avesse chiesto o imposto, e l’ho fatto per essere coerente con il mio modo leale di fare politica, con le mie idee, che non sono ispirate da qualsivoglia ideologia, men che meno pre o post fascista, a differenza di quanto dichiarato da personaggi superficiali e intellettualmente disonesti, schiavi del loro pregiudizio.
Credo di essere stato l’unico politico nella storia della nostra Autonomia ad aver rinunciato ad un ruolo istituzionale così prestigioso coerentemente con le proprie idee e senza chiedere nulla in cambio, senza baratto. D’altronde io non ho mai creduto alla “carriera politica”, ho sempre creduto alla libertà di fare politica, ma questo presuppone che si sia pronti a lasciare la poltrona quando si è costretti a rinunciare alla propria coerenza pur di non perderla.
Ricordo ancora che allora, diversi esponenti politici locali sono pure intervenuti per distribuire pagelle di autonomia. Secondo questi signori io non potevo e non posso tutt’ora dichiararmi autonomista perché sono un esponente di Fratelli d’Italia. I primi ad intervenire sono stati i consiglieri del partito secessionista Südtiroler Freiheit, gli stessi che da sempre chiedono l’eliminazione della Regione. A questi se ne sono accodati altri la cui posizione, purtroppo confermata dalle azioni sulla Regione, è altrettanto nota. Ho sentito io, definire la Regione un carrozzone da chiudere, un cadavere in putrefazione. Definizione, quest’ultima, che mi ha fatto raggelare. Un cadavere, che però continua a pagare le indennità di tutti noi Consiglieri.
Sono un trentino, un autonomista
Io sono un trentino che da sempre si riconosce in questa meravigliosa terra e nelle sue istituzioni, ma sono anche orgogliosamente italiano. Tutti i trentini si riconoscono nell’Autonomia e non possono rinunciarvi, questo a prescindere dal contrassegno che li identifica politicamente. Così è anche per me, che in essa e per essa faccio politica. Non sono un autonomista di facciata, che per accreditarsi ha bisogno di brandire una stella alpina utilizzandone una o due in campagna elettorale con manifesti accattivanti che parlano di difesa dell’Autonomia, quando poi con quegli stessi voti non si perde occasione per distruggere la Regione, vera culla storica e baluardo istituzionale dell’Autonomia della Regione Trentino-Alto Adige.
Mi domando e vi domando, dove erano questi saccenti moralisti, esperti di “chi può definirsi autonomista e chi, invece, no” quando io e l’allora Consigliere Giacomo Bezzi eravamo fuori dagli Ospedali di Cavalese, Tione, Arco… per protestare contro i tagli alla sanità e contro il depotenziamento dei servizi nelle valli? Dove erano quando denunciavamo gli abusi e le ingiustizie perpetrati da una pubblica amministrazione deviata ai danni degli stessi cittadini? Non mi pare di ricordarli.
Impegno in Assessorato
Ho lasciato il mio impegno come Assessore regionale senza dovermi vergognare delle mie azioni, nella consapevolezza di aver portato avanti il mio incarico con spirito di servizio senza fare differenze tra le richieste provenienti da Bolzano o da Trento, e avendo portato a compimento in un tempo limitato questioni rilevanti. Penso ai 21 milioni di euro provenienti dalle casse regionali finora erogati per promuovere le forme collaborative tra gli enti locali della provincia di Bolzano, l’adeguamento dopo ben più di un decennio dei compensi stabiliti per i revisori dei conti dei Comuni con l’introduzione anche di un compenso minimo per garantire la qualità e l’affidabilità dei lavori di revisione, o la chiusura di spinose questioni sulle fusioni dei comuni trentini lasciate irrisolte dalla precedente Giunta. Penso a tutta la serie di norme dedicate agli amministratori comunali e portate tempestivamente a termine in tempo utile per il turno generale delle elezioni: la previdenza integrativa introdotta per gli amministratori che sono lavoratori autonomi o liberi professionisti (ma anche studenti, casalinghe o disoccupati), sanando la disparità di trattamento con i lavoratori dipendenti, l’introduzione dell’indennità di fine mandato per i sindaci impegnati a tempo pieno nel loro ruolo, equivalente al trattamento di fine rapporto destinato ai lavoratori dipendenti, o ancora, gli adeguamenti in tema di indennità degli amministratori locali alle crescenti responsabilità che si assumono nell’assolvimento delle loro funzioni. E altro ancora.
Riconoscere l’importanza dell’Amministratore locale
Parlando di Sindaci e Amministratori locali, non possiamo tacere il fatto che nell’ultimo decennio le amministrazioni comunali hanno dovuto fare i conti con il costante calo delle risorse, mentre le incombenze sono aumentate, facendo crescere notevolmente il peso dell’amministrazione quotidiana, in particolare nei comuni più piccoli. Fare il sindaco, anche di un piccolo comune, è un lavoro a tempo pieno si è tutti i giorni in prima linea per risolvere problemi concreti, con un impegno in termini di tempo, sacrifici personali e responsabilità che spesso non sono commisurati alla retribuzione. Trovare persone disposte ad impegnarsi per la comunità sta diventando sempre più difficile, e bisogna considerare il fatto che un comune di 500 persone ha gli stessi adempimenti burocratici di uno di 5.000, ma molte meno risorse, sia in termini finanziari che in termini di personale. Dobbiamo infatti considerare che, rispetto ad una volta, il posto fisso all’interno di un Comune non risulta più essere appetibile per i nostri giovani, sia a causa di un generale cambio nello stile di vita, sia perché lo stipendio mensile non corrisponde alle reali responsabilità e al carico di lavoro a cui occorre far fronte.
La Regione è quel luogo dove bisognerebbe riconoscere l’importanza del ruolo dell’Amministratore locale, che ognuno di noi dovrebbe sperimentare per comprenderne le difficoltà.
Basta con il Presidente da dopocena
La Regione, per come l’ho sempre vissuta e per come la continuerò a vivere in futuro, è l’Ente del confronto. L’Ente che può favorire il dialogo tra le due Province autonome, tra queste e lo Stato, e che può dare impulso ad un’Autonomia che non sia solo strumento di conservazione, ma soprattutto strumento di sviluppo per il bene del nostro territorio. Ecco perché dobbiamo ridare fiato all’Ente Regione ridandole piena dignità istituzionale e valorizzandone il ruolo: una delle proposte parte dal riportare in capo alla Regione la nomina del proprio Presidente sganciandolo dall’attuale rotazione dei Presidenti delle due Province”. Basta con il Presidente a metà, preso in prestito dalle due Provincie, e che possa dedicare alla Regione solamente gli scampoli di tempo tra gli impegni provinciali e i viaggi a Roma per i confronti con i vari Ministri. Insomma, un Presidente da dopolavoro, un presidente da dopocena, che – anche solo per evidenti limiti fisici (a meno che non sviluppi il dono dell’ubiquità) – non potrà necessariamente organizzare il rilancio della Regione che quindi non potrà mai diventare “il soggetto istituzionale”.
Rilancio dell’Istituzione Regione: competenze da gestire in comune
Per un vero rilancio dell’Istituzione Regione, bisognerebbe individuare una serie di competenze da gestire in comune tra Trento e Bolzano, penso ad esempio alla sanità e all’ambiente. Ciò consentirebbe non solo di intervenire con rapidità ed efficacia nelle materie sanitarie (con lo scambio dell’esperienza dei medici nella cura e nel trattamento dei pazienti, la produzione e la circolazione di dispositivi di protezione individuale, il controllo ai confini, ecc.) ma anche di progettare la futura ripresa economica attraverso il traffico in sicurezza di merci e persone in base alle esigenze dei vari territori. L’unione delle forze di queste terre, in primis all’interno della nostra Regione Trentino-Alto Adige, ci consentirebbe una miglior pianificazione degli interventi, un maggior controllo della spesa pubblica (per la legge dei grandi numeri, visto che le due Province intervengono spesso con provvedimenti analoghi) e una maggiore tempestività nell’azione.
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L’articolo su L’Adige del 24.07.2023: