È avvilente e disarmante quanto ormai da giorni leggiamo sui giornali circa la distribuzione di incarichi, competenze e appalti ai vassalli di partito e ai rispettivi associati. Il sistema del vassallaggio è, ormai da anni, il motivo conduttore (Leitmotiv) di chi ha in mano le redini della politica e le chiavi delle ricchezze della nostra provincia.
In questo sistema è facile individuare il «sovrano» e i «servi» (dal latino vassus) che in cambio di obbedienza e fedeltà ricevono la nomina e il mandato a svolgere funzioni amministrative delegate dal «sovrano» e/o appalti profumatamente redditizi. Con procedure medievali si perpetua e rafforza così il controllo e la gestione del territorio e si pone un’ipoteca conservatoria del proprio potere personale e politico. Sfacciatamente tutto questo ci viene propinato, dai politici più in vista, come un naturale esercizio della gestione del processo politico democratico. Quanta protervia! Ciò che vediamo a livello provinciale è purtroppo riscontrabile anche a livello locale e chi governa a Trento lo sa bene. È un malcostume che facilmente contagia chi esercita il potere.
L’unica cosa che è rimasta democraticamente corretta è solo l’esercizio del diritto di voto con cui la gente esprime le proprie preferenze; non ciò che lo precede, non ciò che lo segue. Con il voto viene affidato all’eletto il mandato a governare per il bene comune, ma la realtà ci testimonia che le belle intenzioni e le promesse esposte per attirare voti vengono usate come strumento – il cavallo di troia – che introduce al potere, raggiunto il quale emerge il cinismo di molti politici. Peccato che nonostante l’evidenza di oggi e di ieri, la gente, ad ogni tornata elettorale, continui a ripetere il medesimo errore votando gli stessi politici. Srà perché facilmente dimentica o perché preferisce affidarsi alle favole nella speranza che prima o poi si realizzi, anche per sé, la fatidica frase… «e vissero felici e contenti»?