La fredda burocrazia cancella una vita comune

Signor Direttore, in questi giorni ho accompagnato un’anziana  vedova presso l’ufficio anagrafe di Trento per rinnovare la sua carta d’identità. Tornata a casa, con grande sorpresa e molto dolore, ha visto che nel nuovo documento sullo “stato civile” era scritto “stato libero”, invece della dicitura precedente “coniugata Rossi”. Credendo in un errore siamo ritornati allo sportello per chiedere una rettifica. Ma alla signora è stato detto, con molto garbo, che non c’era alcun errore. Infatti ha scoperto che se è sposata e il marito è vivente, poteva non documentare il suo stato di coniuge e scegliere di far scrivere che il suo stato è libero mentre, essendo vedova, non ha più alcun diritto di aver riportato sulla carta d’identità il cognome del marito.

Così non ha più alcun documento che attesta che è la signora “Rossi”, moglie per quarantatre anni di “Mario Rossi”. Tutta la sua vita passata a fianco del marito e il suo cognome da sposata, che ha portato con orgoglio, sono stati cancellati dalla freddezza della burocrazia. Questo stato impiccione che non consente ad una vedova nemmeno di onorare il proprio marito e scaldare il suo cuore continuando a chiamarsi con il suo cognome, mi sta sempre più antipatico! Tutti quelli che richiedono le cose più abiette e le vogliono riconosciute sono ascoltati e considerati, ma le povere vedove, non hanno neppure il diritto di continuare a portare il cognome del marito! Emerge evidente che viviamo in una cultura in cui al  “per sempre” non è conosciuto legittimità e cittadinanza.

Esito dell'iniziativa

 

Fonte:

 

“l’Adige” – 7 febbraio 2012

 

(pubblicata anche sul “Trentino”)

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