Qualche giorno fa mi è capitato di incontrare la titolare di un negozio situato in via Travai, la fioreria LI’-LA’, che mi ha raccontato un episodio che le è capitato. In breve, un pomeriggio di una domenica di giugno, è stata contattata dalla Polizia di Stato perché gli agenti delle Volanti avevano sorpreso e fermato un ragazzo che stava tentando di scassinare la porta del suo negozio, probabilmente per entrare e rubare i soldi del fondo cassa, come era già capitato in passato.
Di corsa è andata al suo esercizio commerciale, constatando che la porta d’ingresso era stata danneggiata seriamente, quasi divelta, a tal punto da non sapere come fare per sistemarla e mettere in sicurezza il negozio, visto che di domenica pomeriggio è difficile trovare un fabbro. Mentre formalizzava l’atto di denuncia, apprendeva che il giovane, autore del tentativo di furto, stava già lasciando la Questura.
A questo punto si chiedeva come fosse possibile, ma gli agenti sapevano solo dirle che il magistrato aveva disposto così. Come la titolare del negozio di cui sopra anch’io rimango allibito. Mi sono informato sulla vicenda ed ho appreso che l’autore del tentato furto in questione è un ragazzo italiano, tossico dipendete, con una lunga serie di precedenti penali.
Come si può garantire la sicurezza se, anche quando si coglie in flagrante un ladro (come in questo caso) non lo si può mettere arrestare per impedirgli di continuare a nuocere? Dobbiamo forse aspettare il morto? Il sentimento di impotenza che prova la cittadinanza verso questi individui e la gestione della Giustizia, non solo in Trentino, ma in tutta Italia. Sembra non esista più la certezza del Diritto e della pena.
Tutta quella serie di depenalizzazioni promosse dal Governo e recepite immediatamente dai Tribunali, volte solamente a non far andare più nessuno in carcere per evitare sovraffollamenti, non curandosi della sicurezza delle persone perbene, sta dando i suoi frutti. E sono frutti amari.
“l’Adige” – 30 giugno 2015
“Trentino” – 2 luglio 2015