La processionaria del pino (Thaumatopoea pityocampa) è un lepidottero diffuso in tutta l’Europa meridionale e da secoli (i primi avvistamenti pare risalgano addirittura al 1500) anche in Trentino. Nella nostra Provincia essa si può trovare su quasi tutto il territorio, dal fondovalle fino a circa 1.400 metri di quota. E’ riscontrato che la sua presenza, in un ambiente alpino come il nostro, raggiunge dei picchi circa ogni 7-8 anni. I problemi legati alla sua presenza sono da ascriversi essenzialmente ai peli urticanti delle larve, soprattutto nel momento di discesa delle stesse dal nido (fase che avviene principalmente dall’inizio di marzo alla fine di maggio) e fino a quando non raggiungono un luogo adatto a interrarsi e trasformarsi in crisalide (bozzolo) e poi in adulto (farfalla).
Dal contatto di esseri umani o animali con i peli urticanti delle larve di processionaria possono derivare seri problemi di salute e – nei casi più gravi – anche la morte. E’ infatti noto che, per quanto riguarda l’essere umano, nel punto in cui si infiggono le setole o i frammenti insorge un fastidioso eritema papuloso e fortemente pruriginoso che, nella maggior parte dei casi, sparisce dopo qualche giorno. Conseguenze più gravi si hanno però quando i peli – o frammenti di essi- giungono a contatto con l’occhio, la mucosa nasale, la bocca, o peggio ancora quando penetrano nelle vie respiratorie e digestive. Per quanto riguarda gli animali – soprattutto i cani – qualora la loro bocca dovesse entrare in contatto con una processionaria i rischi sono molti: si va dal vomito alla perdita di una porzione della lingua (in seguito a necrosi) e – nel caso di un ingrossamento della stessa – anche al soffocamento. E’ bene ricordare che gli esperti consigliano di allontanarsi velocemente dalle piante infestate – anche qualora l’interramento della larva sia già avvenuto (visto che alcuni peli rimangono comunque all’interno del nido) -, a maggior ragione se sottovento, poiché i peli irritanti possono essere trasportati dall’aria.
Secondo quanto riportato dai quotidiani trentini, lo scorso febbraio, una giovane del Basso Sarca è finita in osservazione al pronto soccorso, curata con flebo di cortisone e antistaminico in seguito al contatto con una larva di processionaria.
In Trentino la specie più colpita è il pino nero (Pinus nigra), una pianta non autoctona che ha trovato grande utilizzo per il rimboschimento in seguito alle due guerre mondiali, ma anche nei boschi a valenza turistico ricreativa e nelle fasce alberate lungo la viabilità pubblica extraurbana. E’ infatti noto che gli habitat preferiti dalla processionaria sono i soprassuoli artificiali di pino nero, in particolare le zone boschive sui pendii esposti al sole e gli ampi fondovalle che costeggiano fiumi e torrenti. Oltre a ciò, nelle aree di diffusione, la specie colonizza anche parchi e giardini dove colpisce indistintamente le conifere. E’ importante ricordare che la processionaria può provocare defogliazioni più o meno vistose, in seguito alle quali le piante possono indebolirsi, divenendo più suscettibili agli attacchi di fitopatie o di altri insetti. Oltre a ciò, la processionaria ha un’influenza importante sul ciclo di sviluppo delle piante stesse, visto che esse vengono attaccate circa ogni 7-8 anni, cosicché esse abbiano il tempo di rigenerare la chioma.
La lotta alla processionaria del pino è obbligatoria in Provincia Autonoma di Trento, sia per il pubblico che per il privato, secondo le indicazioni della deliberazione della Giunta provinciale n. 2874 del 14 dicembre 2007. Proprio all’interno dell’allegato a tale deliberazione vengono esplicitati i possibili interventi da effettuare per la lotta alla larva: lotta selvi-colturale (che prevede la graduale sostituzione del pino nero con piante latifoglie autoctone), lotta meccanica (asportazione e distruzione – di solito nel periodo invernale – dei nidi), lotta biologica (mediante l’utilizzo di animali antagonisti ed altri agenti biotici, batteri e virus), lotta chimica (da utilizzare solamente qualora gli altri interventi non siano efficaci) e cattura massale. E’ da notare che tali interventi possono succedersi nel corso dell’anno – a seconda dello stadio in cui si trova l’animale –, dall’inverno all’autunno, con costi variabili.
In 25 anni di monitoraggio effettuato in Provincia di Trento, si evidenzia un trend generale di riduzione dell’area infestata. Di fatto da oltre 7.000 ettari si è scesi a circa 3.000 ettari, soprattutto grazie alla progressiva sostituzione del pino con latifoglie autoctone in molti boschi di fondovalle. Nonostante ciò, la processionaria del pino rappresenta ancora una minaccia importante per la salute di esseri umani e animali e si ritiene necessario promuovere la lotta selvi-colturale in tutto il territorio provinciale, sia a livello pubblico, sia tra i privati.
Tutto ciò premesso,
il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento impegna la Giunta Provinciale
a valutare la messa in campo di ulteriori strumenti e azioni – a favore di proprietari pubblici e privati – per favorire la lotta alla processionaria (Thaumetopoea pityocampa) – attraverso l’abbattimento dei pini neri (Pinus nigra) e la loro sostituzione con latifoglie autoctone – nelle aree urbane e periurbane, nei boschi a valenza turistico ricreativa e nelle fasce alberate lungo la viabilità pubblica extraurbana.
Cons. Claudio Cia