Le modalità con cui sono state gestite le criticità imposte dalle nuove norme sui riposi e sugli orari di lavoro degli operatori sanitari rappresentano lo specchio fedele di un crescente sommarsi di irresponsabilità politica e incompetenza tecnica, avvisaglie che portano a credere che l’obiettivo, surrettiziamente tacitato, sia proprio il graduale smantellamento degli ospedali periferici. Se così fosse, allora dovremmo ammettere che il trio Rossi-Flor-Zeni si sta muovendo in modo perfetto per conquistarsi l’agognato risultato. Certo è che, man mano che il tempo passa, il loro progetto prende sempre più forma. Costoro appaiono talmente concentrati nel loro scellerato intento che pare disconoscano la realtà vissuta dagli operatori che ogni giorno con grande professionalità suppliscono alla carenza di organizzazione, la quale non di rado mette a serio rischio la qualità e la sicurezza dei servizi erogati al cittadino. A tale proposito, riporto un aneddoto sconcertante, che denota non trascurabili carenze di natura organizzativa nell’affrontare una situazione “importante”, con conseguenti lacune nella garanzia di un servizio adeguato a fronteggiare un’emergenza.
Qualche giorno fa, vengo in possesso della documentazione relativa ad un episodio di impiego dell’elisoccorso, allertato dalla necessità di urgente assistenza ad un neonato, che abbisognava d’essere trasferito in una struttura ospedaliera idonea a prendersi carico del caso. Il materiale di cui dispongo consiste di una nota scritta che descrive i passaggi salienti della vicenda, e di una relativa traccia audio contenente il dialogo degli elisoccorritori con l’operatrice del 118 incaricata di garantire la funzione di coordinamento dell’intervento.
Siamo all’8 dicembre in orario serale (19:30 circa). Un neonato è in condizioni critiche e deve essere trasportato urgentemente dall’Ospedale di Cles al reparto di neonatologia dell’Ospedale Santa Chiara. Gli operatori chiedono l’intervento dell’elisoccorso per il trasporto del neonato a Trento. L’elisoccorso parte da Trento indirizzandosi verso Cles, dove il piccolo viene caricato a bordo sistemato all’interno di una termoculla. La registrazione audio parte dal momento in cui, all’avvicinarsi dell’elicottero alla piazzola dell’Ospedale Santa Chiara a Trento, si sente chiaramente l’operatrice del 118 comunicare agli elicotteristi che il personale del Pronto Soccorso interpellato per scaricare e accompagnare in reparto la termoculla ha dato risposta negativa. Il pilota comunica di non riuscire a scendere con l’équipe e chiede indicazioni sul da farsi. L’operatrice del 118 a quel punto riferisce che gli elicotteristi troveranno e saranno aiutati dai pompieri.
Il Pronto Soccorso confessa dunque di non disporre di un protocollo per “questa nuova termoculla”. Infatti l’operatrice del 118 ammette: “Io più di così non so come aiutarvi”, e poco dopo aggiunge: “Ne avete a sufficienza secondo voi?”. Il pilota dell’elisoccorso sottolinea che c’è molta preoccupazione, che ci sono 150 kg da scaricare e che c’è bisogno di due persone “con forza”. L’operatrice del 118 dice di comprendere la preoccupazione, ma sottolinea che la richiesta è stata presentata al Pronto Soccorso, con esito negativo. Si rende comunque disponibile ad effettuare un’ulteriore verifica… La traccia audio si interrompe qui.
Mi è stato reso noto che alla fine sono stati inviati sulla piazzola dell’Ospedale S. Chiara due operatori che normalmente operano sulle ambulanze e che, assieme ai due vigili del fuoco lì presenti, hanno scaricato la termoculla con il piccino per poi affidarlo al reparto di neonatologia. In tal modo si è tamponata un’emergenza, ma con ritardo e con approssimazione
Sentire un’operatrice del 118 pronunciare frasi quali: “Il Pronto Soccorso mi ha risposto che non hanno una procedura per questa nuova termoculla”, “Io più di così non so come aiutarvi”, “Proverò a vedere”, è onestamente vergognoso. Lo dico non certo per accusare di alcunché l’operatrice, che ha fatto tutto quanto era nelle proprie possibilità, bensì per evidenziare che i servizi di urgenza ed emergenza non possono tollerare falle sul piano della preparazione, oltretutto per gestire una situazione (come questa) facilmente codificabile. Ora, lasciando nell’angolo ogni falsa retorica, come possiamo dirci veramente tranquilli, quando la predisposizione di un nuovo grande apparato sanitario provinciale è nelle mani di gestori che nemmeno sono nemmeno in grado di attivare una semplice procedura? Come possiamo edulcorare uno scenario in tutto e per tutto connotato da pericolosa superficialità?
Premesso quanto sopra, si interroga la Giunta provinciale per sapere:
- per quale motivo, presso il principale ospedale provinciale, non sia stata definita la procedura per il corretto prelevamento dall’elicottero e il trasferimento in Pronto Soccorso di un/a bambino/a trasportato/a in una termoculla;
- a chi vada ascritta la responsabilità per una carenza che ha reso più difficile il trasferimento sicuro da Cles a Trento del bambino collocato in termoculla;
- come sia possibile che l’Ospedale S. Chiara, che ha ottenuto quest’anno per la quarta volta il prestigioso accreditamento Joint Commission International (JCI), non abbia definito la procedura qui evidenziata;
- se ritenga accettabile tale carenza e come intenda intervenire per evitare che episodi quali quello sopra descritto abbiano a ripetersi in futuro;
- se la definizione delle procedure di intervento da parte degli operatori sanitari del Pronto Soccorso sia formalizzata in modo analogo per tutti gli ospedali della Provincia, oppure se ciascun Pronto Soccorso sia responsabile della definizione di tali procedure;
- se non si ritenga, alla luce dell’episodio presentato, di condurre un’azione di accertamento con riguardo alla presenza e all’adeguatezza presso ciascun ospedale di procedure e protocolli che disciplinino i diversi interventi, con particolare riferimento agli ambiti dell’urgenza e dell’emergenza.
A norma di regolamento, si chiede risposta scritta.
Cons. Claudio Cia