Signor Direttore, qualche giorno fa l’Adige, riferendosi all’attività ortopedica “elettiva”, ha pubblicato un articolo dal titolo “Perché non si deve cedere ai privati” in cui è stato riportato il punto di vista del primario di ortopedia dell’Ospedale di Rovereto che non condivido e che mi è sembrato fuori luogo e inopportuno. La sensazione è che con questo intervento si voglia sminuire, se non addirittura negare, l’importante apporto del privato nella sanità del nostro territorio. Spero di non essere frainteso nel sostenere apertamente la visione di una sanità in Trentino che non veda, come pare invece faccia il primario di Rovereto, quella pubblica come l’unica garante di qualità, arroccata su presunti primati a scapito della sanità privata.
Il punto su cui tutti dovremmo essere d’accordo è che il cittadino deve avere risposte di qualità ai bisogni sanitari in tempi brevi (perché la società corre) e al minore costo possibile. Ora, con molto realismo, dobbiamo riconoscere che la qualità auspicata per tutte le specialità non le può possedere né il pubblico né il privato. Questa consapevolezza ci insegna che il meglio lo si ottiene fondendo ed integrando nei programmi sanitari trentini il pubblico e il privato, non solo per quanto riguarda il malato cronico ma anche per quello chirurgico. Al pubblico va riconosciuto l’onere e l’onore di organizzare ed espletare al meglio tutto ciò che è inerente all’urgenza-emergenza, al privato va però riconosciuta la capacità di organizzare il programmabile, anche “ortopedico”.
Ci sono “privati” ortopedici di grandissima esperienza che, operando in strutture convenzionate o parificate, con la loro casistica annuale di interventi chirurgici fanno apparire piccole le cifre sbandierate dal primario dell’ortopedia dell’Ospedale di Rovereto. Perché mai la provincia dovrebbe privarsi dell’esperienza di questi ortopedici che, alla fine, alla stessa costano anche meno di quelli al soldo diretto dell’APSS?
Se l’obiettivo è quello della salute dei cittadini con prestazioni di alta qualità al minor costo, converrebbe cambiare rotta e vedere nel privato un alleato, un’opportunità non da combattere ma da valorizzare per migliorare e aumentare la capacità di rispondere ai bisogni sanitari dei nostri cittadini che non di rado oggi si rivolgono a strutture che si trovano fuori dei confini della nostra amata terra per ottenere l’attenzione che meritano.
Claudio Cia
La lettera sul quotidiano “l’Adige” del 22 luglio 2015: