In coincidenza con la crisi, che attanaglia famiglie ed individui, nel Comune di Trento e non solo sono sorte come funghi diverse attività commerciali dedite all’acquisto e alla vendita di preziosi conosciute come “compro oro”.
Si sa che l’oro, in tempo di crisi, è un bene rifugio non di norma ma di fatto in quanto ha la caratteristica della stabilità in tempo di incertezza economica; è considerato un investimento anticrisi, questo per i mercati finanziari, ma per le famiglie può diventare l’ultima risorsa da cui ricavare liquidità per far fronte alle urgenti difficoltà del vivere quotidiano. Non è raro infatti incontrare persone che vendono il “segno” e il ricordo dei propri affetti perché in stato di grave bisogno economico. Se da una parte si vende oro per vivere dall’altra, va detto, c’è anche chi si serve di questi luoghi per trasformare in denaro ciò che è stato oggetto di attività illecita.
E la cosa non è poi così difficile visto che non sempre viene richiesto un documento di identificazione e mai viene fotografato l’oggetto acquistato che, nel giro di pochi giorni (10), viene trasferito in Svizzera per essere lavorato previa fusione del prezioso metallo e quindi non più riconoscibile: l’oggetto viene documentato da una semplice descrizione. Tale scritto risulta ininfluente ai fini investigativi impedendo così al cittadino di recuperare il “valore” e garantendo al delinquente di “farla franca”.
Pur senza voler demonizzare chi gestisce e lavora in tali esercizi commerciali non si può tacere che tale presenza rischia di diventare il punto d’approdo, non solo per chi è in difficoltà economica, ma anche e soprattutto per chi fa riciclaggio del maltolto. Insomma una vera “lavanderia” di preziosi.
Premesso quanto sopra si interroga il Signor Sindaco per sapere:
- se, mentre la città chiede di “fare terra bruciata” attorno ai delinquenti, non ritenga doveroso e possibile attivarsi verso gli organi competenti perché qualunque oggetto acquistato in questi luoghi venga fotografato e inserito in una banca dati online che, all’occorrenza, sia consultabile dalle forze dell’ordine in modo da poter risalire anche a chi l’ha venduto;
- se non ritenga doveroso vincolare le nuove licenze per l’apertura di questi esercizi pubblici all’obbligo di creazione di tale database;
- se non ritenga che la creazione di un tale database possa contribuire a dissuadere i malintenzionati.