Apprendo con dispiacere che credendo di arginare l’azione di uno spacciatore ho in buona fede ferito l’onorabilità di un’altra persona che, sì, gli assomigliava nell’aspetto e nel vestire, ma non era quello che sembrava. La troppa somiglianza ha tradito tanti.
Il soggetto era stato riconosciuto in piazza Dante da due donne, che lo avevano indicato concitatamente come il venditore della dose che aveva provocato l’overdose ad un giovane. In quella situazione scelsi di fare la mia parte e di seguire a distanza il soggetto per segnalarlo alle forze dell’ordine presenti in stazione, e una volta arrivati i Carabinieri lo hanno subito ammanettato, evidentemente in quanto corrispondeva alla persona riconosciuta in piazza Dante. Il riconoscimento era stato poi riconfermato anche in aula, ma evidentemente le prove fornite dalla difesa sono state tali da garantirne la piena assoluzione.
Come mio solito ho postato le foto della giornata sulla mia pagina Facebook, ma evidentemente l’immagine di una persona di spalle che viene ammanettata ha urtato la sensibilità di qualcuno, insieme al commento “arrestato spacciatore”, senza anteporre la parola “presunto”, errore peraltro nel quale è incappato anche un quotidiano locale.
Apprendo quindi che quella persona con la vicenda in questione non c’entra niente e dunque anche le foto che ho pubblicato sono fuorvianti. Ora vedrò il da farsi, c’è chi mi ha chiesto se “ho imparato la lezione”, come se aver scelto in buona fede di sostenere l’operato delle Forze dell’Ordine sia un male.
Se le mie azioni hanno danneggiato qualcuno, naturalmente sono pronto a pagare per la mia condotta. Per le scuse le ho già poste a mezzo stampa e sono volentieri disposto a porle anche di persona, ma se dovesse capitarmi una situazione analoga in futuro credo mi comporterei nello stesso modo, perché ho troppa voglia di migliorare questa città da starmene in disparte a guardare.
Claudio Cia
L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 28 giugno 2016:
La lettera sul quotidiano “Trentino” del 3 luglio 2016: