Quote di genere nella legge elettorale. Considerazioni sul ddl in discussione

Se siamo arrivati a discutere un disegno di legge che vuole andare a comporre artificiosamente le liste elettorali, evidentemente è perché chi ha governato negli ultimi decenni ha sbagliato qualcosa. Al giorno d’oggi la “parità di accesso” tra donne e uomini alle cariche elettive, quella richiesta dalla Costituzione, è garantita. Se una donna vuole candidarsi lo può fare, anzi, quando le donne si mettono in gioco e presentano delle idee forti la società le apprezza. Altra cosa è voler ottenere per legge la parità di risultato. La realtà è che questo disegno di legge porta con sé un concetto di parità, non intesa come “condizioni di eguaglianza”, bensì intesa come spartizione del potere. Chi sta portando avanti questa iniziativa in questi termini, lo fa per garantire tramite legge la metà del potere alla quota femminile. È un obiettivo lecito – sia chiaro -, ma non corrisponde all’obiettivo che viene dichiarato. La Parità di diritti è ben altra cosa dalla parità di poltrone. Questo è un meccanismo che invece di favorire la parità dei sessi ne rimarca la disparità, con una idea di donna che vale solo in quanto “donna” … bel progresso!

Da evidenziare come tutti i commenti entusiastici a questo disegno di legge provengono da organismi formati quasi esclusivamente da donne, tanto per evidenziarne l’imparzialità. Abbiamo degli organismi come la Commissione per le Pari opportunità tra donna e uomo che sono composti al 100% da donne, a proposito di parità. Diamoli un nome diverso, più appropriato, chiamiamola “Commissione per porre un arbitrario 50% di donne in qualunque ambito tramite legge”. Obiettivo lecito, ripeto. Ma non corrispondente all’obiettivo dichiarato.

Abbiamo visto anche il parere del “Comitato non ultimi”, che se andiamo a vedere parla tramite due donne a caso… Giulia Robol e Donatella Conzattipraticamente i partiti di maggioranza che si fanno le leggi e se le commentano. Peraltro nella loro relazione si leggono alcune affermazioni che chiariscono il loro concetto di parità, perché se da un lato l’obiettivo dichiarato è quello della parità di accesso alle istituzioni, loro parlano invece chiaramente di dare “maggiori possibilità al genere femminile di essere scelto” o permettere alle donne di “raggiungere il massimo risultato”, che sono concetti diversi dal garantire una pari opportunità. L’interesse non è quindi quello del mezzo uguale per tutti o dello strumento equo, bensì del risultato sicuro.

Fra l’altro abbiamo anche apprezzato lo zelo con cui la Provincia ha dato evidenza tramite comunicato stampa ufficiale, dell’incontro con il Comitato “Non ultimi” – e infatti non sembrano affatto ultimi -, con tanto di servizio fotografico incluso. Leggiamo dal comunicato stampa che il Comitato ha depositato 1600 firme a sostegno di questo disegno di legge… non è chiaro con che tipo di strumento, se una petizione, se un’iniziativa popolare… ma ciò che è interessante vedere è come in questo comitato siano in effetti “NON ultimi”, visto che queste 1600 firme raccolte – non è chiaro a che titolo -, hanno evidentemente una maggiore considerazione delle oltre 14.000 firme su 27.000 abitanti raccolte in Bassa Valsugana per invocare uno stop al depotenziamento dell’Ospedale di Borgo.

Nello stesso Comitato “Non ultimi”, oltre a Giulia Robol e Donatella Conzatti, troviamo anche Lucia Coppola, presidente del Consiglio comunale di Trento, quindi sicuramente “NON ultima”… troviamo nientemeno che nel direttivo altre candidate del Partito Democratico alle elezioni comunali della città di Trento, ma anche candidate del PATT in altri comuni… quindi un panel del tutto casuale della società civile femminile trentina. Se apriamo le pagine del comitato sembra un album fotografico del Pd Trentino. Questo è altamente spiacevole, perché rende meno credibile l’attività del Comitato stesso, e va a sminuire anche la biografia di alcune componenti del Comitato che in passato hanno avuto modo di esprimere delle idee e soluzioni di spessore ben più elevato sul tema della conciliazione lavoro/famiglia.

Poi vediamo che tra il dire e il fare, c’è sempre di mezzo il Pd Trentino… vediamo come si coltiva in casa Pd il concetto di parità. All’ultimo congresso per eleggere il segretario, tra i due candidati, una donna e uomo (quindi il perfetto 50 e 50 invocato per le liste elettorali)… non ci avete pensato due volte a chi votare: Borgonovo–Gilmozzi, Civico–Gilmozzi, Ferrari–Gilmozzi, Maestri–Gilmozzi, Olivi–Gilmozzi, Zeni–Gilmozzi. Scelta di qualità, sia chiaro… ma risparmiateci le prediche.

O abbiamo il parere della Consigliera di Parità, che naturalmente da un parere pienamente favorevole anche per una “questione di evidente apparente arretratezza culturale del Trentino”, non solo rispetto al resto d’Italia, ma anche dal resto d’Europa… e scrive che tra i principi della Costituzione italiana vi è un “obbligo dell’equa rappresentanza di entrambi i generi nelle istituzioni”. Allora… intanto la Costituzione parla di “condizioni di eguaglianza” nell’accesso alle cariche elettive, “pari opportunità”, non garantisce la metà dei seggi. E poi basta con questi generi. La costituzione parla di uomini e donne, e parla dei due sessi. Se insistete con questa cosa dei generi dovete decidervi… perché tempo fa in aula qualcuno ci diceva che ci sarebbero decine di generi tra i quali scegliere, adesso parlate di “entrambi i generi”, quindi dando per scontato che sono due… decidetevi!

Fra l’altro, a proposito di “parità” … vorrei far notare la parità di trattamento tra le proposte di iniziativa popolare depositate in aula. E queste, non temete, sono indistintamente firmate da donne e uomini, giovani e anziani, sani e malati… cittadini insomma. La proposta cosiddetta “contro l’omofobia”, o meglio sulla “promozione del pluralismo sessuale”, ha impegnato l’aula per un centinaio di ore e in seguito è stata trasformata automaticamente dalla maggioranza in proposta di mozione. Le altre iniziative popolari, come quella sull’iniziativa politica dei cittadini e il miglioramento degli strumenti di partecipazione che se mi permettete, mi pare un tema quanto mai importante, attuale e universale -, o l’iniziativa popolare sulla mobilità sostenibile, depositate più o meno nello stesso periodo, sappiamo aver avuto un iter ben diverso… perché in questo caso non ho percepito tutto questo fervore per una parità di trattamento. Non mi pare di aver sentito il Presidente Rossi andare sui giornali a dichiarare che ci vuole una “spinta culturale”nessuno vi ha chiesto di dare spinte culturali al popolo trentino, anche perché le spinte culturali le volete dare solo quando vi fa comodo, ed è questo che vi rende poco credibili quando portate avanti questi temi. Poco credibili… e si sono visti i risultati delle vostre “spinte culturali”. Queste politiche, che seguono esigenze di ordine puramente simbolico per il vostro stile politico, più che a risolvere il problema della crisi della rappresentanza, hanno fatto aumentare lo scarto che si è creato tra elettori e rappresentanti. Mentre voi parlate di genere va a votare meno del 50% degli aventi diritto. Che dite… stabiliamo delle quote anche per chi non si sente rappresentato e lasciamo metà dei seggi vuoti?

E poi basta infilare in ogni disegno di legge un articolo che dice che bisogna rispettare il tale articolo della Costituzione. La Costituzione va rispettata tutta e basta, e la Costituzione garantisce condizioni di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive. Fra l’altro, a proposito di Costituzione… vorrei ricordare come il voto viene definito come “personale ed eguale, libero e segreto”, quindi già le varie iniziative di voto multiplo o la forzatura di orientare la seconda preferenza eviterei di accostarle ai principi costituzionali.

Questa cosa di stabilire a priori la composizione delle liste non trova corrispondenza nell’obiettivo dichiarato e anzi, potrebbe risultare discriminatorio per chi non è contemplato nelle “quote”. Perché se questo corrisponde come sostenete a una esigenza di “democrazia realmente rappresentativa”, allora io propongo piuttosto di definire le liste elettorali, anzi, direttamente i seggi in Consiglio, sulla base delle ultime rilevazioni ISTAT, e magari pure di scegliere i rappresentanti tramite estrazione a sorte. Concettualmente mi pare più equo… ditemi di no…

Ma la realtà è che questo non è un tema da legge elettorale. Se nonostante la possibilità di candidarsi una donna non si sente adeguatamente serena nel farlo… perché l’opportunità c’è, ostacoli formali non ce ne sono più… allora significa che sono fallite le politiche del lavoro portate avanti fino ad adesso dal centrosinistra.

Se diventasse obbligatorio il 50% “simbolico” delle donne in lista, comunque quelle donne sarebbero scelte dalle segreterie dei partiti. Basta vedere il governo Renzi, preso sempre come esempio. Un governo, metà donne e metà uomini… con a capo un uomo. Un’immagine strumentale sventolata come progresso. Renzi, indubbiamente, ha fatto una mossa rispondente al vostro concetto di “parità”, per cui vi basta vedere delle figure femminili nella vita pubblica. Che significato ha questo 50 e 50 di Renzi? Nulla a che vedere con la democrazia paritaria… questa formula serve più che altro all’esercizio del potere. È evidente che tali donne vengono sempre scelte tra quelle più prossime e meno conflittuali, nonché le più fedeli al partito.

Quindi è una questione che è tutta interna ai partiti. Ripeto: questo non è un tema da legge elettorale, semmai si deve parlare di politiche del lavoro, del sociale e della Famiglia.

Bisogna capire che la rappresentanza è su base territoriale, non su base sessuale. Io non sono mica consigliere solo per uomini! La collega consigliera Donata Borgonovo Re non credo abbia ricevuto 10.000 preferenze solo perché donna… mi auguro che chi l’ha votata lo abbia fatto perché ha visto in lei delle particolari qualità… poi abbiamo visto la considerazione che la maggioranza ha avuto per queste preferenze e per le qualità della collega, ma questo è un altro discorso!

Probabilmente come rappresentanti in Consiglio veniamo scelti semplicemente perché chi va a votare ritiene positivo farsi rappresentare da uno di noi, spesso non è nemmeno una questione di capacità, ma di capacità di attrarre consenso, e anche questo ci può stare… tutto questo per dire che non si viene eletti in quanto uomini o in quanto donne.

È chiaro che da diverse sensibilità all’interno del Consiglio possiamo trarre il beneficio di una rappresentanza più varia, ma queste sensibilità diverse non vengono di certo garantite dall’obbligo di alternanza dei nomi nelle liste elettorali, o con una pari rappresentatività “simbolica”.

Non si capisce perché non si possa almeno guardare a quali riforme hanno funzionato in quei paesi considerati “a parità più avanzata”, e orientare le riforme di conseguenza. Se così facessimo, non sprecheremmo i nostri sforzi sull’obbligo di alternanza nelle liste elettorali, o in questa pari rappresentatività “simbolica” nelle liste elettorali… ma li concentreremmo sull’includere misure nel mercato del lavoro. Basta pensare a Finlandia e Danimarca, considerate tra i baluardi della parità, che sono paesi senza alcun correttivo legislativo in merito, ma evidentemente in questi stati la parità non è intesa come principio filosofico, ma come pratica politica da portare avanti a livello sociale, familiare e lavorativo.

Questa ossessione paritaria, sta spazzando via le conquiste fatte dal femminismo stesso, secondo il quale essere donne non significa solo essere vittime. Con il vostro modo di pensare siamo tornati indietro nel dibattito mediatico e politico. Se voi la smetteste di considerare la donna solo come una vittima, probabilmente potreste vedere l’argomento anche da altre angolazioni. Se vogliamo fare qualche passo avanti in materia di parità cerchiamo d’imparare dagli errori e passiamo da questo simbolismo di centrosinistra, ad azioni concrete nel mondo del lavoro, del sociale e della Famiglia…

Faccio solo un esempio, senza neanche intervenire “al femminile”: un periodo di paternità obbligatoria per il partner. Apparentemente non c’entra niente, e in effetti non c’entra niente con il concetto delle “quote”, ma una simile azione potrebbe incidere in modo ben più sostanziale delle quote rosa sulla tendenza a non assumere donne o a limitarne gli incarichi di responsabilità nel mondo lavorativo e politico. Questa sarebbe una misura che finalmente non vittimizza la donna, ma che contribuirebbe in maniera sostanziale ad un positivo cambio culturale. Estendere anche ai partner l’obbligo di interrompere l’attività lavorativa per prendersi cura dei figli, farebbe sì che il datore di lavoro vedrebbe la nascita di un figlio come un evento non più esclusivamente al femminile, e questo andrebbe a scardinare quegli alibi che hanno sfavorito le madri o aspiranti tali al momento dell’impiego o nella loro crescita di carriera.

Le “quote” non incentivano la partecipazione di più donne. Più che correttive, le misure che voi vorreste attuare, sono esclusivamente un “palliativo”, un modo comodo per non impegnarsi a risolvere una situazione là dove andrebbe corretta, cioè nel mondo del lavoro, del sociale e della Famiglia.

Più che di rappresentanza paritaria io preferirei parlare di “variabilità della rappresentanza”, e questo può esserci anche senza quote o alternanza dei candidati in lista.

La verità è che potete mettere tutte le quote che volete, e anche un ordine di lista a zebra, a pettine, o circolare… ma non avrà alcun riflesso utile sulla nostra comunità senza un Governo provinciale che sia presente sul tema della Famiglia, del sociale e delle politiche del lavoro.

Cons. Claudio Cia

 

Esito dell'iniziativa

 

Le considerazioni in merito al disegno di legge “Modificazioni della legge elettorale provinciale 2003 in tema di parità di genere e promozione di condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali fra uomo e donna”

 

 

Il mio intervento completo in aula:

 

 

 

 

Alcuni articoli:

 

 

L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 15 settembre 2016:

 

Contro la doppia preferenza depositati 5000 emendamenti

 

L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 15 settembre 2016:

 

Doppia preferenza

 

L’articolo sul quotidiano “Trentino” del 17 settembre 2016:

 

Quote rosa

 

L’articolo sul quotidiano “l’Adige” del 17 settembre 2016:

 

Barricate contro la doppia preferenza

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