Leggere di un Presidente di Regione che rispetto all’ente da lui rappresentato lo giudica “così come è la Regione non ha un futuro”, apre ufficialmente uno stato di crisi conclamato, alla luce del sole. Non è un mistero la posizione della S.V.P. nei confronti della Regione. Parte da data immemore. Il punto non è dunque quello di scoprire un atteggiamento respingente da parte del partito della Stella Alpina in Alto Adige rispetto al tema regionale. Esso è sempre oscillato tra la nervosa insofferenza e il rifiuto dell’istituto Regione. Fa notizia invece, questo sì, la decisione di manifestarlo expressis verbis, senza freni inibitori o smussature. Mai poi si era arrivati tanto avanti con le dichiarazioni, dando l’impressione che nuovi elementi siano intervenuti in questo periodo a rendere ancora più friabile il terreno regionale, o anche semplicemente che un nuovo clima particolarmente ostile suggestioni questa fase politica.
Devo dire che la franchezza in politica non sempre è elemento apprezzato e spesso, anzi, non viene utilizzato per il timore di non essere in grado poi di gestirne gli effetti. Kompatscher ha così ritenuto di librare un colpo preciso ed in una fase specifica del percorso istituzionale di legislatura. Non è, il Presidente Arno, uomo incline ad improvvisazioni e men che meno ad uscite estemporanee ed isteriche: politico di alta mediazione e capacità politica, è invece evidente che ha ritenuto opportuno ufficializzare il mal di pancia interno al suo gruppo, quasi a volerne esorcizzare le preoccupazioni ed insofferenze. Di questa franchezza ringrazio, ma cerco di coglierne gli stimoli migliori. Diverso è ovviamente speculare, come ho visto fare da ex attori del precedente governo regionale, chiamandosi pacificamente fuori da ogni tipo di responsabilità, bacchettando a matitate rosse, avendo essi stessi ricoperto nel tempo ruoli di responsabilità apicali e decisivi nello scardinamento e destrutturazione dell’ente Regione.
Qui oggi dobbiamo avere tutti il coraggio di uscire dai serragli dei micro-interessi di parte per sollevare forte il tema di una Regione che via via, attraverso un lento sfarinamento programmatico, ma soprattutto di visione, di svuotamento progettuale, ha nei decenni passati costruito le premesse ad un collassamento di cui la particolarità trentina rende la nostra provincia a rischio maggiore di schiacciamento rispetto a Bolzano. Una sorta di aorta istituzionale, all’interno della quale fluirono nel tempo contributi sapienti e sinceri di politici attenti, ha lasciato lo spazio, in questi ultimi vent’anni, ad una sorta di spinta inerziale verso il basso, che tutti ora dobbiamo invertire, evitando sterili e stucchevoli attribuzioni di colpe che non portano lontano. Abbiamo bisogno infatti di una ripresa di centralità regionale, ripartendo se necessario da una costituente che riporti la Regione al rango di volano del sistema autonomistico, in una cornice di Euroregione attorno a temi che solo questa dimensione sovralocalistica può garantire.
Riuscire a convincere Bolzano della bontà di una Regione forte, significa far capire loro che non esistono prospettive solitarie di successo fuori da una logica euroregionale nella quale Trento e Bolzano devono fare massa critica, per contare e determinare scelte. Sarebbe un errore imperdonabile quello di continuare, nella sola logica mercantile, a trattare a Roma attraverso azioni soliste da parte di Bolzano, e con singoli interventi trentini per quel che riguarda i temi trentini. L’azione disgiunta di due politiche solitarie, crea un’unica solitudine, una sterile solitudine idonea ad indebolire il nostro territorio sotto il profilo politico, sociale, ed economico. Pensare, e qui Bolzano in particolare deve fare un sforzo di adeguamento coi tempi, di ridurre la politica ad una contrattazione del contingente priva di una visione che abbia obbiettivi di medio e lungo respiro, significa portare il nostro sistema autonomistico al rischio concreto di un “infarto istituzionale”. Gli attacchi del neo centralismo culturale nazionale, che puntano a ridurre il nostro territorio ad un ambito di privilegio diffuso in virtù di vantaggi economici che non ci spettano, può e potrà trovare efficaci antidoti solo e solamente se la nostra azione regionale unitaria sarà foriera di forti novità e grandi capacità di essere alla fine migliori con risorse a scalare. È nel DNA della nostra Autonomia quello di dover mantenere standard di eccellenza, ma abbiamo la possibilità per farlo, uniti, in una Regione forte. Una Regione che va rivista, diciamo pure fortemente curata – sono d’accordo con la sollecitazione di Kompatscher -, ma attraverso una volontà partecipativa di Trento e Bolzano, in uno spirito di collaborazione vera e non “sopportata”. Qui non c’è nulla da sopportare, ma solo da supportare. Da supportare sono i nuovi percorsi che la nuova Regione deve pensare di attivare: si tratta della questione dei trasporti, dei temi ambientali, della partita sanitaria, della ricerca, della valorizzazione delle nostre eccellenze giovanili, solo per fare qualche esempio. C’è poi da governare una globalizzazione di cui conosciamo ancora troppo poco gli effetti, sovradimensionato alcuni benefici apparenti, privi di adeguata armonizzazione con la nostra Comunità.
Ribadisco che non c’è lo spazio a rivendicazioni o primogeniture di parte, ma la consapevolezza di un’emergenza che può travolgere tutti. Il rischio vero è quello di creare le condizioni per andare a raccogliere i cocci di un impianto che ha al suo interno forti ed immense potenzialità. Che poi il metronomo politico sia a Bolzano piuttosto che a Trento non è questo il punto. Ma che occorra scrivere un’agenda condivisa è indispensabile. Le condizioni storiche del 26 febbraio 1948 che portarono all’approvazione del primo Statuto d’autonomia, o quelle del 10 novembre 1971 col voto parlamentare del secondo Statuto sono cambiate ovviamente perché mutato è il mondo. Però l’impressione è che in alcuni cenacoli di partito ancora questo non sia stato perfettamente percepito, e che non compreso sia il fatto che l’Autonomia non è una formula matematica statica. Concepire la nostra Autonomia regionale come un algoritmo, attraverso il quale programmare tecnicamente con interventi di breve respiro, non funziona. La nostra Regione non può ridursi ad un foglio Excel, ad un copia-incolla di generici impegni dagli esiti segnati.
C’è più che mai bisogno oggi che Trento e Bolzano si riconoscano nella convinzione politica di stare su una medesima piattaforma, in una dimensione euroregionale, che deve saper cogliere ed anticipare le criticità a testa alta, superando ingorghi politici che inevitabilmente, da Trento a Bolzano, da Roma o Vienna, potranno crearsi.