Signor Direttore,
le chiedo gentilmente di concedermi una breve replica alla lettera firmata dalla signora Maddalena Giese e altre 13 firmatarie in cui sono stato chiamato in causa. Concordo con loro sul fatto che io non rappresento nessuno dei familiari della Rsa di Gabbiollo, ma dissento sul l’affermazione secondo cui io avrei agito su input di un singolo familiare. Per motivi di riservatezza e privacy non posso elencare i nomi delle persone che hanno sollecitato il mio intervento e questo è avvenuto anche per via e-mail. Alcune di queste segnalazione sono anche pervenute all’Amministrazione: ne ho copia. Lungi da me dal voler fare polemica, ma quanto ho visto il 19 febbraio nella struttura lo riconfermo. A mio parere il cibo era inappropriato per persone anziane ed era evidente che gli operatori, essendo in pochi (ad esempio, per 56 pazienti, dalle ore 21 alle 6 era presente un solo OSS, un ausiliario e nessun infermiere), non potevano soddisfare adeguatamente i bisogni assistenziali degli ospiti, come scienza e coscienza richiederebbero, nonostante il loro lodevole impegno e la loro buona volontà. Il mio intervento non è “fango” sulle difficoltà e le fatiche degli altri, ma è attenzione alle criticità vissute da quanti sono stufi di vederle negate. Questo è ciò che posso fare e l’ho fatto sia come infermiere, professionista dell’assistenza sanitaria, che come consigliere comunale interrogando e chiedendo risposte all’Assessore competente. Non è nella mia facoltà poter condizionare e cambiare, come mi è stato chiesto, i parametri provinciali vigenti che regolamentano le Rsa. Questo infatti compete ai politici che si trovano in provincia i quali possono intervenire anche su stimolo degli assessori competenti che, dai comuni, evidenziano le criticità che compromettono la qualità dell’assistenza. Io sono fiducioso che ciò, prima o dopo, succeda.