Fanno sorridere le dichiarazioni dei rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, quando parlano, a dir loro, del fatto che “Lega e Fratelli d’Italia puntano a rafforzare il peso del privato, impoverendo la sanità provinciale” oppure quando dichiarano che “La ricetta che leggiamo nel programma del presidente Fugatti e che trova conferma nelle parole del Consigliere Cia di Fratelli d’Italia, spostando l’asse sui privati finirà per impoverire il sistema pubblico, mettendo anche in discussione il diritto di accesso a cure di qualità per tutti i cittadini e le cittadine”. Si correrebbe il rischio di prenderli quasi sul serio, se non fosse che immancabilmente i dati statistici e la storia finiscono clamorosamente per smentire qualsivoglia affermazione viziata dal loro approccio ideologico.
Le statistiche relative al definanziamento del Sistema Sanitario Nazionale fornite dalla Fondazione GIMBE ci dicono che tra il 2010 e il 2019 tutti i Governi che si sono succeduti (guidati in prevalenza da una compagine di centrosinistra) hanno ridotto la spesa sanitaria di oltre 37 miliardi di euro. I sindacati paiono poi dimenticare che il DM 70/2012 del Governo Monti tagliava la spesa dal 5 al 27% del personale sanitario, dal 4 al 13% dei medici di base, dal 2 al 29% dei posti letto. E’ pur vero che il Trentino, grazie alla sua Autonomia, ha la possibilità di gestire la sanità in modo diretto, ma al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza (i famosi LEA stabiliti a livello nazionale) ha dovuto adeguarsi – essendo un piccolo territorio – alle quantità imposte dalla norma nazionale. Questo si è tradotto, tra il 2011 e il 2018 (Giunte Dellai e Rossi), nella riduzione del numero totale di posti letto all’interno degli Ospedali pubblici trentini che è passato da 1.731 a circa 1.430 (mentre nel 2021 – Giunta Fugatti – si è registrato un lieve aumento a 1.445). Praticamente una differenza di circa 300 posti letto, come se in sette anni avessimo chiuso gli ospedali di Tione, Cavalese, Borgo Valsugana e Arco (che insieme oggi contano 294 posti letto). A fronte di ciò, si è assistito a un progressivo incremento dei posti letto all’interno degli ospedali privati accreditati (Eremo di Arco, Solatrix, Casa di Cura Regina, S. Camillo, S. Pancrazio e Villa Bianca) che hanno raggiunto, nel 2021, gli 826.
Potrei anche sbagliarmi, ma non ricordo particolari levate di scudi da parte dei sindacati di Cgil, Cisl e Uil quando questi tagli sono stati portati avanti dal centrosinistra. A questo punto le domande sono due: quali sono le proposte concrete dei Sindacati per invertire la rotta? Pensiamo forse di poter garantire oggi la medesima qualità del servizio sanitario trentino senza gli ospedali e gli ambulatori privati convenzionati? Una possibile risposta alla seconda domanda arriva dai progetti presentati per la realizzazione del N.O.T., che a fronte di un previsto aumento di day surgery e ricoveri brevi, prevedevano un numero di posti letto persino inferiore a quello attuale del Santa Chiara.
Ritengo sia dunque ora di finirla di mettere in contrapposizione due facce (sanità pubblica e sanità privata convenzionata) delle medesima medaglia. Altrimenti risulta chiaro che i pregiudizi continueranno a offuscare la ragione e, al fine di non aumentare lo stanziamento a favore del privato convenzionato sul suolo trentino (che in questo modo potrebbe garantire un numero maggiore di prestazioni a titolo gratuito per il cittadino, contribuendo altresì a ridurre le liste di attesa), continueremo a foraggiare e ingrassare strutture private fuori Regione (leggasi Negrar, Peschiera ecc.), costringendo a un increscioso aumento della mobilità sanitaria passiva dei pazienti trentini (il cui costo è comunque sostenuto dalle casse provinciali). Per il bene dei trentini, lasciamo perdere le polemiche sterili e guardiamo al futuro.
Cons. Claudio Cia – Presidente del Gruppo Consiliare Fratelli d’Italia
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La lettera su “Il T” del 21.10.2023: