Egregio Direttore,
più voci di donna si sono levate per esprimere indignazione perché molti medici ginecologi, a fronte di diagnosi cliniche che impongono un intervento chirurgico in laparoscopia, perché meno invasiva, indirizzano le pazienti verso ospedali fuori provincia nonostante il nostro territorio abbia strutture e professionisti che al riguardo vantano delle eccellenze di tutto rispetto, ma che purtroppo sono conosciuti e apprezzati più altrove che non a casa nostra.
Infatti, negli ospedali di Trento, il 30% delle donne operate in laparoscopia proviene da altre province; a conferma che l’evangelica affermazione «nessuno è profeta in patria sua» è una verità sempre attuale. Questa realtà fa si che ai molti trentini che per ricevere cure ortopediche guardano altrove, ora dobbiamo aggiungere anche le donne non correttamente informate e indirizzate. Non sarebbe forse l’ora che l’assessore provinciale competente fissasse i paletti della qualità e li rendesse noti a tutta la popolazione affinché sia evidente l’efficienza chirurgica delle nostre strutture e la valenza dei singoli chirurghi? Questo è l’irrinunciabile presupposto ad un consenso informato che non sia solo la semplice firma di un pezzo di carta.