È noto che la Corte Costituzionale con propria Sentenza n.178 del 24 giugno 2015, pubblicata in G.U. 29/07/2015, ha espresso il giudizio di illegittimità costituzionale, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, del regime di blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico.
La contrattazione del pubblico impiego doveva quindi essere riattivata dal 30 luglio 2015 (giorno successivo alla pubblicazione), mentre a tutt’oggi, quindi trascorso quasi un anno dalla pubblicazione della predetta sentenza in Gazzetta Ufficiale, la Giunta provinciale non ne parla se non sporadicamente, con estrema lentezza e senza convinzione correndo seriamente il rischio di un’azione collettiva dei dipendenti pubblici per chiedere il risarcimento a causa dell’inadempienza di sblocco del contratto a partire dal 30 luglio 2015 e fino all’effettivo rinnovo.
Il quotidiano “Trentino” di data 8 maggio 2016 sotto il titolo “Pubblico impiego la trattativa” pubblicava un articolo nel quale si riferiva che la Giunta provinciale, a fronte del blocco del contratto perdurante dall’anno 2010, quindi da sei anni, per i dipendenti pubblici trentini ipotizzerebbe un aumento medio di soli 70 euro lordi e che pertanto, detratte le tasse, ridurrebbero a poco o nulla l’effettivo aggiornamento delle retribuzioni che nel corso di sei anni hanno perso consistente valore.
Nello stesso articolo il quotidiano riferiva che la Giunta provinciale intenderebbe chiedere sacrifici a chi ha gli stipendi più alti, i dirigenti, escludendo “l’area della dirigenza dai 9 milioni della quota produttività, in modo da premiare di più i redditi più bassi”, incontrando però la reazione del segretario del sindacato dei dirigenti Dirpat affermando fra l’altro “Non siamo un bancomat, lo stipendio ce lo guadagniamo”.
Fermo restando che lo stipendio se lo guadagnano tutti indistintamente e che anche gli altri funzionari non dirigenti debbono assolvere a precise responsabilità, non si capisce perché debba sussistere un iniquo criterio distributivo tale da rendere i dirigenti pubblici dei privilegiati con un contratto diverso rispetto agli altri dipendenti con evidente e sproporzionata sperequazione, come se gli altri dipendenti pubblici non dovessero vivere dignitosamente ed avessero famiglie da mantenere e figli da crescere.
Se pare dunque corretto restringere il divario fra le retribuzioni e segnalare ai dirigenti pubblici che non possono pretendere più di quanto già hanno, occorre anche evidenziare che il blocco degli stipendi perdurante ormai da anni con notevole perdita del valore d’acquisto, sicuramente non produce crescita.
Premesso quanto sopra, si interroga la Giunta provinciale per sapere:
- entro quali termini di tempo si intenda definire l’aggiornamento delle retribuzioni dei dipendenti pubblici trentini e se si intenda corrispondere loro un indennizzo per il mancato sblocco del contratto a partire dal 30 luglio 2015 come disposto dalla Corte Costituzionale;
- quale sia la consistenza dell’aumento tabellare netto (poiché il lordo non fa chiarezza) che si intende riconoscere senza speculare sulla “quota produttività”, visto che quest’ultima figura quale trattamento accessorio di anno in anno modificabile e che quindi non costituisce reddito certo;
- se effettivamente e finalmente si intenda coinvolgere i dirigenti pubblici nella rinuncia a criteri di privilegio retributivo, assegnando in tal modo maggiori risorse agli stipendi di tutti gli altri dipendenti;
- quale sia la specificazione in dettaglio di tutte le voci stipendiali che concorrono a formare la retribuzione del dirigente pubblico trentino ed i corrispettivi per ogni singola voce stipendiale.
A norma di regolamento, si chiede risposta scritta.
Cons. Claudio Cia