Il futuro di Trentino che io sogno è quello di un Trentino che marcia a testa alta, fiero delle proprie particolarità, delle proprie eccellenze, confrontandosi col mondo dei grandi numeri senza per questo dipendere da questo. Sono convinto che siano i risultati qualitativi, i fatturati non solo economici ma anche di coesistenza socio ambientale a scrivere le regole del mercato, mai dimenticandosi della necessità di non abbandonare il quadro etico del nostro intervento. Eticità che spesso si sposa con equità e dignità. Equità di prospettiva e dignità nel rispetto di ogni soggetto. Ciò vale per il comparto dello sci, come per quello dell’industria, della cultura, dell’agricoltura, di ogni ambito presente nel circuito sociopolitico che ci circonda.
Equità significa garantire non un risultato uguale per tutti ma pari opportunità per tutti; dignità vuol invece assicurare corretto sviluppo ed evoluzione di un proprio diritto naturale.
La discriminante messa in campo dalla Provincia per l’esercizio come Scuola di Sci e non Associazione riguarda criteri di tipo formale e non sostanziale. Non è richiesto infatti il requisito del “bene operare”, ma quello del numero minimo di operatori, del numero di giornate lavorative ed altro. Il criterio del merito è quello che dovrebbe a mio parere informare l’obbiettivo finale di un terminale normativo. in Italia è consuetudine ritenere che il buon legislatore sia quello che norma in quantità: le grandi democrazie puntano invece su poche norme, chiare e cogenti.
Non è quindi equo complicare la rete normativa laddove questa va ad ingarbugliare ed a impaludare un sistema che funziona. Perché in questo caso ognuno potrebbe allora offrire di questo comportamento una lettura la più disparata. Non sono io che lo afferma ma lo stesso Difensore civico che parla nella fattispecie di “operazione creativa” da parte della Provincia, di confusione tra mezzo e fine laddove la Provincia impone 60 giornate lavorative stagionali “quali obiettivo” della norma e non quale mezzo, che “stigmatizza la singolare condotta della Pat”, che dichiara “inaccettabile” dal punto di vista legislativo il provvedimento. E qui mi riaggancio al concetto espresso prima di dignità. Se il provvedimento, a prescindere dal carico di incidenza su un numero più o meno esiguo di attori, è da rivalutare, perché così afferma il diritto, e perché così esprime anche l’Assessore di competenza, il quale, riferisce in aula “Non si esclude in un futuro anche prossimo di voler prendere in considerazione questo problema che effettivamente è sentito”, allora penso che sia dignitoso farlo.
E ammettere uno sbaglio anche minimo è sicuramente onorevole, non così invece fingerne l’inesistenza.
cons. Claudio Cia
La lettera sul quotidiano “Trentino” dell’11 novembre 2016: