Quando ci si avvicina al Natale immancabilmente, da diversi anni, assistiamo a dispute sull’opportunità o meno di esporre i segni della nostra fede là dove altri credi sono presenti. Non di rado si viene a conoscenza di provvedimenti che negano ai nostri figli la libertà di materializzare fatti che raccontano e ricordano eventi storici del cristianesimo: iniziative che in qualche modo limitano l’espressione di una cultura, di una tradizione, di un credo, di un popolo.
Questi sono interventi riconducibili alla presenza di stranieri che vengono però imposti da coloro che sono come noi, trentini, e magari si occupano anche della formazione dei nostri figli e questo preoccupa. Preoccupa perché è il tipico modo ideologico di affrontare il tema della convivenza, del rispetto e della condivisione: un agire che apre alla competizione tra diverse religioni e culture.
Io non capisco perché le mie bambine dovrebbero rinunciare a qualcosa che comunque proviene da lontano, da duemila anni di storia; storia che ha prodotto santi, storia che ha prodotto anche tragedie ma che è pur sempre la loro, la mia e la nostra storia: perché dunque devo rinunciarvi in nome dell’accoglienza, della convivenza e del rispetto! Come posso sentirmi accolto e accogliente, rispettato e rispettoso se non posso vivere le mie tradizioni ed esprimere in piena libertà la fede vissuta dai miei avi che oggi è anche quella in cui io mi riconosco?
Quando rinuncio alla mia storia, alle mia tradizione e alla mia fede pongo le basi per non rispettare più nessuno: domani, con la stessa disinvoltura, non avrò scrupoli ad umiliare e sacrificare ciò che caratterizza chi oggi dichiaro di rispettare e difendere.
Ecco perché un certo buonismo a me fa paura. Le ideologie nella storia hanno fatto delle tragedie e purtroppo continuano a farne anche oggi. Quelli che le personificano cominciano piano piano, condiscono di buonismo le loro azioni, tolgono ciò che ci ha sempre distinto a casa nostra e intanto ci spogliano e ci svuotano! E una persona svuotata, si sa, può essere riempita da qualsiasi cosa, anche da mostruosità.
L’accoglienza non può esprimersi negando una realtà. Il rispetto della diversità inizia là dove sappiamo dirci e dire all’alto, a chi è portatore di altra cultura e altro credo, che non possiamo e non vogliamo rinunciare alle nostre radici: se non sapremo farlo, ci esponiamo a sparire; togliamo i nostri segni esterni in nome della convivenza e pian piano spogliamo l’interiorità del nostro passato, presente e futuro. Se saremo tiepidi saremo vomitati dalla storia e, per chi crede, anche da Dio. Smettiamola di farci del male!
Bene,bravo CLAUDIO. Finalmente qualcuno che da una risposta esauriente al quesito tanto dibattuto……Grazie di averci pensato.