Dopo le turbolente giornate che hanno messo a nudo la fragilità del collante che tiene coesi Pd, Patt e Upt, a bocce ferme ripenso ai momenti più salienti del dibattito politico che ha preceduto il siluramento dell’ormai ex assessora Borgonovo Re. Personalmente, sono contrario ad ogni forma di accanimento terapeutico volto a mantenere in vita l’impossibile, e questo vale anche in politica. Ciò che però mi ha colpito sono stati il cinismo e la freddezza che hanno caratterizzato le relazioni tra le persone. Appare forte la solitudine di chi ha vissuto il siluramento.
Mentre noi domandavamo la revoca delle deleghe, il vicepresidente Olivi rimaneva al mare e i colleghi del suo partito riservavano alla Borgonovo Re parole di circostanza, una mera difesa d’ufficio. Lei è certo una donna tenace, coerente, di cui va riconosciuta levatura morale di grande spessore, ma forse in quel momento non ha intuito la gravità della sua condizione, tant’è che il giorno dopo, la commedia ha rivelato il suo tragico epilogo: il presidente Ugo Rossi staccava la spina all’assessora, e in serata il suo partito, riunitosi alla presenza di Olivi rientrato per l’occasione, ne constatava l’avvenuto “decesso”, cui seguiva la sostituzione senza tanti convenevoli. Uno spettacolo a dir poco squallido!
Al di là di come la si pensi sulla sua capacità di vivere la relazione col mondo politico e il ruolo istituzionale che le era stato assegnato, va riconosciuto a Borgonovo Re lo stato di vittima sacrificale di un sistema che, per far prevalere logiche partitiche, non fa sconti e non si fa scrupoli nel cancellare i rapporti umani.
In fondo, mutatis mutandis, non potremmo forse definire la vicenda con le parole di Bob Marley: “la politica è affare del demonio”, e “i politici giocano con la testa delle persone”?