Quando in aula Consiliare viene presentata una delibera che propone di stanziare nuove risorse a favore della popolazione di etnia sinti e rom con l’intento di favorirne l’integrazione, far prevalere la ragione sul pregiudizio dominante nei confronti di questa realtà è impresa assai ardua. Io ci provo.
Quello che qui voglio evidenziare non è un giudizio sulle persone, ma il fallimento di una politica che da decenni rincorre ideologicamente l’illusione dell’integrazione ad ogni costo dei sinti e rom che tra l’altro non corrisponde alle loro aspettative e tanto meno è contemplata nel loro orizzonte. La stragrande maggioranza non si presta a barattare i loro costumi, la loro cultura, le loro usanze, la concezione che hanno della famiglia, della casa e del lavoro con la nostra volontà di amalgamarli. Noi dobbiamo finirla di volerli cambiare, di voler indossare loro quattro mura e una cravatta.
Sono da oltre 600 anni che questa terrà conosce sinti e rom perché attraversata e abitata anche da loro. Da sempre, là dove sostano, lo fanno optando per una vita libera da lacci e laccioli, indipendenti dal contesto sociale in cui si inseriscono ed è questa verità che li mantiene di fatto agli occhi dei cittadini “foresti” e noi estranei per loro. Il loro mondo è il gruppo sociale che fa risalire alla propria origine.
Se il tempo non ha scalfito questo “modus vivendi” secolare è da ingenui pensare di riuscirci con norme che contemplano l’impiego di denaro pubblico. Questo è quello che si è tentato di fare in questi ultimi decenni. Per un sogno che non trova concretizzazione, dal 1993 ad oggi, sono stati impegnati oltre 6,2 milioni di euro (€ 6.239.249,71) sotto diverse voci: € 1.063.976,34 sono stati spesi per la costruzione del campo sosta di Ravina, € 1.089.105,80 quelli impiegati per incentivare le famiglie a mandare a scuola i loro figli, € 3.122.844,59 quelli corrisposti per progetti aventi come obiettivo la loro l’integrazione, ecc, ecc…
I risultati della auspicata integrazione sono sotto gli occhi di tutti; questa politica non ha centrato il bersaglio. Se qualcosa ha ottenuto è quello di aver aumentato e istituzionalizzato “sine die” la dipendenza dai servizi sociali, creato aspettative di ulteriori interventi pubblici e alimentato il disagio sociale che espone ad una crescente percezione di trovarsi di fronte a provvedimenti senza sbocco. Questo fa si che crescano sfiducia e diffidenza nei confronti di chi ne beneficia, nonostante la stragrande maggioranza dei cittadini di Trento sia per natura e cultura aperta all’ accoglienza.
Accettiamo la realtà e limitiamoci ad investire per garantire a tutti loro un punto d’approdo dignitoso dove, nel pieno rispetto delle regole di convivenza che come comunità ci siamo imposte, poter sostare e ripartire liberi come fanno le rondini del cielo. Se invece qualcuno di loro in questa città vorrà integrarsi, nessuno gl’impedisce di farlo, le opportunità e gli strumenti non mancano ma è bene che si sappia che sono e devono essere gli stessi per tutti perché l’integrazione vera ha origine e si concretizza solo nella volontà di voler partecipare appieno alla vita sociale di questa terra e non in altro.
Premesso quanto sopra si propone al Consiglio Comunale di impegnare il signor Sindaco e la Giunta:
- ad elaborare, assieme a tutti i gruppi i politici e non, una nuova modalità di approccio a questa realtà che abbia come obiettivo quello di sottrarre l’etnia sinti e rom dalla dipendenza assistenzialista e di porre le basi per una convivenza nel reciproco rispetto della diversità;
- ad adeguare l’attuale campo sosta di Ravina con idonei servizi, in modo da far confluire in un unico luogo i sinti e rom che intendano fermarsi a Trento e quelli di passaggio;
- a garantire alla città che non saranno più permessi campi sosta non autorizzati ma soprattutto privi di servizi che rendono la vita umana di chi li abita spogliata di ogni dignità.